BEATRICE RASPA
Cronaca

Mella avvelenato: "Colpa degli olii"

Il tecnico dell’Arpa nel processo per inquinamento al titolare della Ottoman, la torneria di Sarezzo

Fiume inquinato

Brescia, 27 gennaio 2020 - Chiazze di idrocarburi scorrono nel fiume Mella, e i pesci che vi si imbattono finiscono a pancia all’aria, avvelenati, nell’acqua iridiscente di olii. Risultato: la Procura ha trascinato a giudizio per inquinamento ambientale l’azienda più vicina alla presunta origine degli sversamenti, la Ottoman di Sarezzo, una torneria specializzata nella lavorazione di ottone già dal 2014 alle prese con una complessa bonifica. A processo ci sono il titolare, Ezio Stefano Piardi, e la stessa società imputata ai sensi della legge 231 come responsabile amministrativa. L’indagine, condotta nella primavera 2016 dal pm Ambrogio Cassiani, era scaturita da una serie di segnalazioni dei residenti e dell’Arpa per le inquietanti macchie cangianti e per gli animali morti nel fiume. Stando all’accusa, l’azienda per risparmiare avrebbe gettato tonnellate di combustibile nel Mella usandolo come pattumiera. Nei giorni scorsi si è aperto il dibattimento. Legambiente si è costituita parte civile (tramite l’avvocato Vittorio Arena), e sono stati ascoltati i primi testi della Procura. A cominciare da Renzo Gobbi dell’Arpa, che ha ricostruito la difficile convivenza tra la Ottaman e l’ambiente circostante già nel marzo 2014, quando furono scoperti sversamenti nel torrente Gobbia, affluente del Mella, accanto alla torneria.

«A originare l’inquinamento erano stati dei lavori di ampliamento del sito: un tombino raccoglieva olio e lo buttava direttamente nel Gobbia. I terreni di scavo presentavano una contaminazione da idrocarburi di oltre 16mila microgrammi a fronte di un limite di 750. La Ottoman presentò allora un piano di caratterizzazione. I successivi controlli diedero conferma di una situazione compromessa, con valori alle stelle riscontrati anche in falda. Il problema nell’ultimo caso fu identificato in una vasca che raccoglieva scarti di lavorazione, con un tubo danneggiato. Arpa chiese la messa in sicurezza d’emergenza". La difesa, rappresentata dagli avvocati Gianluigi Bezzi e Alessandro Stefana, ha addotto un "difetto di costruzione" di un tombino e il danneggiamento di un tubo, tali da escludere il dolo. Nel 2016 l’inquinamento si estese anche al Mella.