
I cinque arrestati
Brescia, 5 febbraio 2015 - Usara estorsione e incendio. Queste le accuse che hanno portato i carabinieri del Nucleo Investigativo di Brescia a far scattare le manette ai polsi di cinque persone, quattro uomini (tutti finiti in carcere) e una donna, l’unica a finire ai domiciliari. In carcere sono finiti Francesco Messina, originario di Palmi, sorvegliato speciale con obbligo di dimora a San Felice del Benaco - il capo della banda e con alle spalle 13 anni di carcere - Raffaello Menniti, calabrese residente a Lallio nella Bergamasca ritenuto il picchiatore del sodalizio criminale, Roberto Pinzoni, l’esperto contabile del gruppo (alle spalle ha una condanna a 11 anni di galera per estorsione) e Lodovico Mazzolari, bresciano classe 1945. Ai domiciliari è finita la moglie di Messina, Debora Chiesa. Il recupero crediti, in cambio di una percentuale sulla somma recuperata, insieme al prestito di denaro a tassi di usura, l’attività che Messina aveva messo in piedi con i complici. Per ottenere il denaro il sodalizio, così emerge dalle intercettazioni telefoniche, avrebbe pesantemente minacciato le vittime.
«Se non paghi di facciamo sparire nel cemento e facciamo del male ai tuoi famigliari», alcune delle minacce fatte dagli arrestati ad una delle loro vittime. L’indagine che ha portato a smantellare la banda, cinque gli episodi per il momento a carico del gruppo, ha preso il via dalla denuncia di un dentista bresciano che si è rivolto ai carabinieri dopo aver provato a chiedere aiuto a Messina per aiutare il fratello a riscuotere un credito di centomila euro. Il Calabrese, così come appurato dagli inquirenti, dopo aver accettato l’incarico ha preteso dal professionista prima 20 mila euro poi altri 25mila dopo aver presentato cambiali, a suo dire firmate dall’amministratore della società debitrice, risultate poi inesigibili. Uno degli arrestati, Lodovico Mazzolari, si sarebbe trovato nel duplice ruolo di estorsore e vittima. Secondo gli inquirenti infatti l’uomo avrebbe prestato denaro a tassi di usura, il 20% al mese il tasso d’interesse, ma trovatosi in difficoltà a recuperare la somma si sarebbe rivolto a Messina che per la prestazione ha chiesto una percentuale sulla somma che Mazzolari non è riuscito a corrispondere. Da qui l’intimidazione con le fiamme che si sono divorate l’attività di prodotti per la cura dei capelli che Mazzolari aveva con le figlie a Brescia due.