La disparità di genere nelle università italiane

I dati dell’ateneo di Brescia dimostrano come il 52% dei corsi di laurea tecnico-scientifici siano appannaggio degli studenti maschi

di Federica Pacella

Istruzione universitaria accessibile a tutti sulla carta, ma nella pratica esistono ancora divari di genere che portano a indirizzare gli studenti maschi verso corsi di laurea più scientifici e le studentesse verso materie più umanistiche o legate alla cura. Si sapeva da tempo, ma all’Università degli studi di Brescia hanno deciso che il problema va affrontato alla radice quando, facendo il bilancio di genere di ateneo, si sono accorti che il 52% dei corsi di laurea sono sbilanciati al maschile, il 30% al femminile, e solo il restante 18% vede un equilibrio di genere tra gli iscritti.

"Uno squilibrio su cui bisogna intervenire – sottolinea Mariasole Bannò, coordinatrice del progetto Stem in genere di UniBs – a partire dalle materie tecnico scientifiche, a cui le studentesse in larga parte non accedono. Fanno eccezione le scienze infermieristiche, dove la maggioranza di iscritti è rappresentata da donne". Il tema è ben noto, tanto che il Pnrr ha posto attenzione sulla promozione delle materie Stem (Science, technology, engineering and mathematics) in generale, e tra le ragazze in particolare. Secondo una ricerca di Assolombarda condotta dall’Osservatorio Talents Venture, la Lombardia parte comunque da un buon dato, perché qui ci sono il 17% degli studenti che in Italia sono iscritti a corsi universitari Stem. La disparità di genere, però, è ampia. Secondo il Cruscotto Lombardia, che ha elaborato i dati di Almalaurea 2020, nei corsi di laurea in informatica e tecnologie ICT i laureati sono all’87,43% uomini al 12,57% donne; va un po’ meglio in ingegneria industriale e dell’informazione, dove le laureate sono il 25,69% a fronte del 74,31% di laureati; nei corsi di laurea di architettura e ingegneria civile tra chi arriva alla laurea il 37,89% è donna, il 62,11% è uomo. Le percentuali si invertono nei corsi di laurea medico-farmaceutico (67,22% donne, 32,78% uomini) e di scienze (55,35% donne, 44,65% uomini). "Le motivazioni dello squilibrio di genere sono profonde e radicate nella diversa socializzazione primaria e nel conseguente modello educativo basato sul ruolo di genere", dichiara Bannò.

Secondo un’indagine condotta da Openpolis sui risultati delle prove Invalsi, il confronto tra punteggi nelle prove di italiano e matematica evidenzia "quanto alcuni stereotipi siano presenti sin dall’infanzia, e condizionino tutto il percorso educativo di bambine e ragazzi, è reso visibile da un confronto tra i punteggi nelle prove Invalsi di italiano e matematica. Nelle prime, si registra un vantaggio sempre più solido delle studentesse, lungo tutto il primo ciclo di istruzione. Nelle seconde, al contrario, il gap è svantaggio delle ragazze". Nei capoluoghi lombardi, infatti, i punteggi in matematica (che sono comunque superiori alla media nazionale) sono mediamente superiori tra i ragazzi, con punte del +6,9% a Lodi, +5,1% a Lecco, +4,8% a Milano. Solo a Cremona gli esiti per le studentesse hanno superato quelli dei ragazzi del +2,3%.