
Paolo Sartori vanta un curriculum con molte esperienze all’estero Tra gli strumenti che intende usare di più Daspo ammonimenti e Dacur
La parola d’ordine sarà “sicurezza partecipata”, perché "non esiste sicurezza se non c’è collaborazione con i cittadini e le istituzioni". Un concetto a cui tiene molto Paolo Sartori, il nuovo questore di Brescia che ieri si è insediato dando il cambio al predecessore Eugenio Spina. Trentino di nascita, 63 anni, curriculum con molte esperienze all’estero (all’Osce, all’Onu, al Fbi, alla Ue), Sartori è stato questore a Mantova e a Bolzano, e prima ancora dirigente della Mobile a Trento. Brescia, dice, la conosceva solo per ragioni turistiche, o perché vi transitava per raggiungere Madonna di Campiglio, sua terra d’origine. Ma parte con le idee chiare. In cima alle sue priorità c’è la promozione della partecipazione attiva: "I cittadini devono sapere che segnalare un fatto alle forze di polizia non significa fare la spia ma mostrare senso civico ed essere parte della comunità. Chi segnala ci mette in condizione di intervenire, e questo a volte significa salvare vite, aiutare anziani caduti in casa, interrompere maltrattamenti, sventare furti" chiarisce. Sartori durante il suo mandato non intende solo essere il “timoniere” della Questura, ma anche un riferimento per i cittadini, e più che mai per le fasce deboli della popolazione.
Tra gli strumenti che utilizzerà di più ci sono le misure di prevenzione di competenza del questore, dagli ammonimenti ai Daspo (anche urbani) passando per i Dacur: "Li ritengo fondamentali per far percepire la nostra presenza – continua –. Durante le mie esperienze precedenti le ho triplicate". A chi gli chiede come si porrà nei confronti dell’immigrazione clandestina ("A Bolzano avevo funzioni prefettizie, gestivo direttamente le espulsioni") risponde senza esitazioni: "Chi delinque non trova in me un amico, italiano e straniero che sia. Faccio in modo che le sacche di illegalità non trovino terreno fertile. E molti immigrati onesti mi hanno ringraziato per questo".
Quanto alla criminalità e devianza giovanile, ultimamente in crescita, ammette: "Quando interveniamo noi forze dell’ordine è tardi, vuol dire che i ragazzi non hanno trovato gli strumenti giusti per esprimersi nella positività. La responsabilità è di tutti noi. Dal canto nostro insisteremo con la presenza nelle scuole".
Beatrice Raspa