
PROFUMO INEBRIANTE Uno scorcio della limonaia La Malora di Gargnano di proprietà di Giuseppe Gandossi
Brescia, 6 settembre 2015 - Si fa presto a dire mela. Oggi, con i gusti standardizzati e coltivazioni intensive, può sembrar strano pensare che, solo nell’800, nel bresciano c’erano 9 tipi di fichi, 10 di pere, 4 di mele, lazzerole rosse, giugiole, melagrane, sorbe, mandorle dure, semidure e tenere. Lo scriveva il botanico Giorgio Gallesio, che parla del territorio Brescia come del «più ricco di frutti di quanti ne abbiamo percorsi» e racconta che negli orti attorno alla città c’erano «fichi, persici, mandorli, ciliegi e melagrani. Nella collina, poi, infiniti sono i 75 mandorli e di una grossezza straordinaria». Nel ‘500, prima di lui, Agostino Gallo, nobile bresciano, enumerava una quindicina di pere, nove mele, quattro ciliegie, una quindicina di prugne e qualche pesca.
Dove sono finiti tutti questi frutti? L’Ispra ha raccolto alcuni casi studio nei quaderni «Frutti dimenticati- Biodiversità ritrovata», che, raccolti in un cofanetto, saranno presentati ad Expo il 23 ottobre. Qualche varietà antica esiste ancora. Nel Parco dell’Adamello è in corso un importante lavoro di recupero. Spesso varietà particolari sono sopravvisute grazie all’impegno dei privati.
Sui 34 esempi di frutti perduti lombardi riportati dall’Ispra, sette sono prettamente bresciani: il limone madernino; l’olivo Gargnano; il pero verdilungo; il pom coral; il pom costa; il pom paradis; la vite ‘mbrunesca. «Ho una ventina di piante di limone madernino – racconta Giuseppe Gandossi, 76 anni, proprietario d 45 anni della limonaia La malora di Gargnano, dove sopravvive questa varietà – ed hanno un secolo. Alcune sono alte 7 metri». Particolarmente gustoso il limoncello. «Lo faccio secondo la ricetta degli anziani di Gargnano. Per le condizioni climatiche, i nostri limonisono più aspri di quelli del Sud, e proprio per questo più buoni e profumati». Mantenere in vita queste piante, però, non è cosa semplice. «La mia fonte di reddito è sempre stato il negozio di abbigliamento, la limonaia ha rappresentato più una spesa. La mia premura è stata di mantenere la limonaia nella sua autenticità, come era nei secoli passati. Chiunque può bussare alla mia porta per una visita e per assaggiare il limoncello di madernino».
di Federica Pacella