Il cambio di maglia costa caro, società a processo per estorsione

Giovane stella del ciclismo dilettanti costretta a sborsare migliaia di euro per cambiare squadra

Il sostituto procuratore Roberta Panico (Fotolive)

Il sostituto procuratore Roberta Panico (Fotolive)

Brescia - La giovane stella del ciclismo cambia scuderia, ma il passaggio le costa caro. Duemilacinquecento euro pagati alla sua ex società, che ora è sotto processo per estorsione. La storia arriva dal mondo dello sport dilettantistico giovanile bresciano. La vicenda che ha originato la grana giudiziaria risale alla fine del 2017, quando l’atleta, che all’epoca aveva appena sedici anni, aveva deciso di abbandonare il gruppo di Brescia sotto le cui insegne aveva pedalato per un triennio per entrare a far parte di una nuova realtà fuori regione, che l’aveva “corteggiata“ e convinta a cambiare. Il cambiamento però, stando alla famiglia della ciclista, ha avuto come corollario un ricatto perché la società che l’aveva avuta in capo fino ad allora, a detta della giovane e dei suoi familiari, ha preteso un “pizzo“ del tutto fuori legge, obbligandoli a versare un presunto risarcimento per disporre del nulla osta necessario a spostarsi altrove. La materia non è regolamentata in maniera univoca a incontrovertibile dalla Federazione ciclistica. Di norma la cessione di un professionista ad altra società che non implichi il salto di categoria pare segua dei passaggi standard, ovvero il pagamento di un premio da parte della società acquirente, parametrato sui risultati ottenuti dallo sportivo nella stagione precedente, e appunto la concessione della carta “lasciapassare“ a firma della ex scuderia che effettua la cessione. La consequenzialità non è automatica, né pacifica.

Nel caso specifico i familiari della ciclista hanno ritenuto di essere stati vittima di un’estorsione vera e propria perché quando si sono rivolti alla società per cui la figlia aveva gareggiato tre anni per avere il famoso pezzo di carta con il semaforo verde, annunciando pure che la società acquirente sarebbe stata disposta a corrispondere il premio punti regolamentare, si sono sentiti chiedere un indennizzo. Un presunto ristoro per la perdita dell’atleta, un obolo non codificato che però in molti casi ha, e ha avuto da parte della Federazione regionale l’avallo, quantificato nel caso della sedicenne di Brescia inizialmente in oltre quattromila euro, e poi dopo una contrattazione in duemilacinquecento. La richiesta è stata ritenuta inaccettabile dai destinatari della stessa i quali, dopo averlo corrisposto, sono corsi a denunciare il fatto. La Procura ha portato avanti l’accusa e ha chiesto il rinvio a giudizio della società, nella persona del legale rappresentante, appunto per estorsione. Il processo sarà celebrato con rito abbreviato il prossimo 21 aprile.