FEDERICA PACELLA
Cronaca

Fondo per la bonifica: in Lombardia ce la fa solo la Caffaro

Stanziati 80,5 milioni di euro per un’operazione che durerà oltre 10 anni. Nel rapporto della Corte dei Conti spuntano, su tutto il territorio italiano, criticità gestionali e procedurali nel trattamento delle emergenze

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Sopralluogo alla Caffaro con il sindaco Laura Castelletti e il commissario straordinario Mario Nova

Brescia, 10 ottobre 2024 – Scarso coordinamento tra procedimenti di bonifica e misure risarcitorie contro i danni ambientali, a detrimento dell’efficacia degli interventi. Ma anche investimenti inadeguati rispetto alla gravità di rischi sanitari, ecologici e socio-economici.

È il quadro che emerge dal Rapporto della Corte dei Conti sul Fondo per la bonifica e la messa in sicurezza dei Siti di interesse nazionale, approvato dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti, prima indagine nazionale di ampia portata che sui Sin mette in luce, tra l’altro, criticità gestionali e procedurali nella gestione dell’emergenza.

La Lombardia

Quanto ai cinque siti d’interesse nazionale lombardi, solo la Caffaro di Brescia è compresa nel Fondo istituito nel 2015 dal ministero dell’Ambiente, insieme ad altri 5 Sin in Italia sui 41 totali.

Per Brescia la Corte dei Conti fa sapere che il 29 luglio la Corte di Giustizia dell’Ue si è espressa sulla controversia tra i ministeri di Economia e Ambiente e la Presidenza del consiglio contro LivaNova, multinazionale già condannata a rimborsare i costi per la riparazione del danno ambientale nei siti Caffaro di Brescia, Torviscosa e Colleferro per oltre 450 milioni.

L’azienda aveva contestato la propria responsabilità per i danni ambientali causati dalla Snia, proprietaria degli stabilimenti che hanno generato l’inquinamento da Pcb e diossine: dalla scissione di Snia era nata Sorin Spa, divenuta poi LivaNova, chiamata a versare il risarcimento.

Il responso

La Corte di Giustizia europea ha confermato che la “responsabilità solidale delle società beneficiarie si applica anche agli elementi di natura indeterminata, come costi di bonifica e danni ambientali constatati, valutati o definiti dopo la scissione, se derivino da comportamenti della società scissa antecedenti all’operazione di scissione. Altrimenti l’operazione di scissione potrebbe costituire un mezzo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti eventualmente commessi dall’impresa a discapito degli Stati”.

Il Sin Caffaro sarebbe quindi un caso positivo, probabilmente il primo, di risarcimento dei danni da parte di chi li ha causati. Nel frattempo, i fondi sono ministeriali – e quindi pubblici – per l’avvio di una bonifica che a Brescia durerà almeno dieci anni: 80,5 milioni finanziati dall’Accordo di programma, di cui 55 del Fondo, la cifra più alta prevista anche se insufficiente per l’intera bonifica.

Mancano all’appello risorse per gli altri Sin, e c’è un problema di personale. Nella memoria del ministero dell’Ambiente sul caso Caffaro è evidenziata “la strutturale carenza di personale delle divisioni tecniche” che si occupano di siti contaminati e siti orfani.