Bozzoli, in aula il dolore della moglie: "La sua morte è colpa del nipote"

Brescia, al processo per l’omicidio dell’imprenditore sparito in fonderia battibecco fra vedova e imputato

Irene Zubani, moglie di Mario Bozzoli, in tribunale

Irene Zubani, moglie di Mario Bozzoli, in tribunale

Brescia - "Quando ho visto le immagini della Cayenne bianca di Giacomo entrare e uscire dalla fonderia ho avuto un tuffo al cuore". Solo all’inizio della deposizione cede alla commozione. Poi, per tre lunghe ore, risponde alle domande.

Davanti alla Corte d’Assise di Brescia è il giorno di Irene Zubani, moglie di Mario Bozzoli, l’imprenditore sparito nella sua fonderia di Marcheno la sera dell’8 ottobre 2015. Unico imputato di omicidio e distruzione di cadavere Giacomo Bozzoli, uno dei due figli di Adelio Bozzoli, fratello maggiore di Mario e contitolare dell’azienda. La deposizione di Irene Zubani è anche un muto confronto con il nipote, seduto a pochi metri, accanto al difensore Luigi Frattini. Il fuoco esce di sotto la cenere nelle ultime battute dell’udienza. Irene Zubani ricostruisce il fallito tentativo di trovare un accordo con il cognato e i due figli di questi su futuro della fonderia. "Io non ho preso un euro. Ho cercato fino all’ultimo di tutelare gli interessi di mio marito. L’unica cosa che volevo era sapere cosa fosse successo a Mario". "Ritiene suo nipote responsabile della morte di suo marito", chiede il presidente Roberto Spanò. "Mio marito non è stato rapito dagli Ufo", è l’inizio della risposta, "Sì o no?", insiste il presidente. La risposta, questa volta, giunge affermativa. Subito dopo il presidente riprende l’imputato per una frase: "È stata una estorsione. È una cosa vergognosa".

Quella terribile sera di ottobre. La grande fumata anomala di cui parla l’operaio Oscar Maggi, anche se lo stesso Adelio ritiene impossibile che il fratello sia caduto nel forno. Il presentimento della moglie di Mario Bozzoli che si fonde con i sospetti su Giacomo. Dissidio antico, quello fra i due fratelli e i figli di Adelio, uno che vorrebbe lavorare sulla qualità, gli altri che puntano al risparmio. Discussioni, divergenze, scontri. Mario che torna graffiato. Le minacce di Giacomo di fare del male a uno dei figli dello zio. Il denaro prospettato a un operaio per ucciderlo. Irene Zubani racconta tutto questo, pacatamente, avendo cura di sottolineare ogni volta che la sua fonte sono i racconti del marito o quelli di altri. In una occasione Mario rincasa con un labbro graffiato. Che è successo? "Ho avuto una discussione con Adelio".

"Mario mi ha detto di essersi lamentato con Giacomo, in presenza di Adelio, della conduzione dell’azienda. Se avesse notato qualcosa di sbagliato, avrebbe fatto denuncia. Giacomo ha risposto se ci fosse stata una denuncia, avrebbe fatto del male a nostro figlio, senza precisare a quale dei due". Viene evocata la figura di Thian Mbaye, operaio senegalese dipendente della Bozzoli, e il suo racconto, passato attraverso più bocche (per questo la Corte vuole ascoltarlo) di essere stato avvicinato da Giacomo con la promessa di 250mila euro. Dalla testimonianza del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Gatti esce che Giacomo aveva la disponibilità di nove utenze cellulari, una dell’azienda, cinque intestate a lui e tre a pakistani. In un pc al numero di Mario è abbinato all’appellativo "merda". Alle 14.37 dell’8 ottobre 2015, giorno della scomparsa di Mario, Giacomo fa scattare su uno dei suoi due computer l’applicazione Cleaner per pulire l’apparato, ma la difesa fa osservare che l’operazione potrebbe essere anche scattata in automatico.