Bosco “chiuso“ contro il cambiamento climatico

L’iniziativa promossa dalla Fondazione Bobo Archetti: nessuno potrà frequentarlo, è un messaggio per far riflettere sul tema

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di Federica Pacella

La rinuncia come atto di amore per l’ambiente. È un approccio innovativo, antitetico rispetto all’idea di possesso che ha portato al disastro dei cambiamenti climatici, quello messo in campo dalla Fondazione ‘Bobo Archetti’ che ha avviato la campagna di raccolta fondi per realizzare il bosco conservativo, nella Valle di Mompiano a Brescia. "Di fatto, sarà un bosco che nessuno potrà frequentare – spiega il presidente Marco Palamenghi –. L’obiettivo non è di punire o sanzionare chi, eventualmente, violerà questo divieto, ma di invitare a riflettere sul perché di questa scelta. Di fronte al cambiamento climatico, dobbiamo cambiare il modo di rapportarci all’ambiente: chiedere di rinunciare ad entrare in un bosco dovrebbe indurre quanto meno ad una riflessione".

L’idea dell’associazione bresciana non si discosta molto da quella proposta un paio di anni fa da un apposito comitato che ha proposto di istituire una ‘Montagna Sacra’ nel Parco nazionale Gran Paradiso. "Il principio è lo stesso", commenta Palamenghi. Brescia è già pronta per partire con il suo bosco: conclusi gli ultimi lavori di pulizia, il bosco sarà lasciato evolvere in modo naturale, senza ulteriori interventi. Si realizzeranno invece due percorsi didattici, per spiegare il valore dell’iniziativa. La campagna di raccolta fondi avviata ha già incassato l’assenso di una importante realtà economica bresciana (per ora il nome è top-secret), che supporterà il progetto. Oltre al bosco conservativo (6 ettari) si realizzerà anche un bosco secolare, da 2-4 ettari, attorno al rifugio della Valle di Mompiano, con essenze autoctone selezionate, che dovrà durare per 400 anni: anche questo è un impegno per chi vive e frequenta la Valle di Mompiano, a lasciare che il bosco rimanga a disposizione delle generazioni che verranno.

Il progetto si integra con la riqualificazione dell’area sottostante dell’ex Polveriera, elaborata dallo Studio Dodici di Brescia sulla base delle indicazioni arrivate da realtà del territorio e dalla giunta. La riqualificazione prevede l’uso delle riservette militari per spazi dedicati a cultura, didattica, associazioni. Se però i due boschi hanno iniziato il loro percorso, sull’area ex militare pende una doppia ‘spada di Damocle’: le risorse innanzitutto (6 milioni la previsione del costo complessivo, per i quali per ora non c’è possibilità di copertura neanche con il Pnrr) e i vincoli della Soprintendenza, che hanno già portato allo stralcio della realizzazione di una casa delle associazioni e di un’area ristoro in due riservette. "Ora la sfida – commenta l’assessore all’Ambiente del Comune di Brescia Miriam Cominelli – è provare a far diventare questa area la porta di accesso al Parco delle colline, che quest’anno compie 20 anni, e continuare a realizzare la cintura verde attorno alla città".