
Carabinieri sul posto
Brescia – Quattro condanne al termine del processo in abbreviato, altrettanti rinvii a giudizio e per il resto patteggiamenti e messe alla prova. Sì è conclusa così ieri l’udienza preliminare per i rapinatori che il 23 febbraio 2024 razziarono “I gioielli di Rossana” sotto i portici di via X Giornate (700mila euro di bottino, il titolare ferito al volto con il calcio di una pistola, due spari a salve esplosi in aria per aprirsi una via di fuga in monopattino da parte di due finti rider). Aloune Sylla, ventiduenne modello senegalese di Mazzano, è stato condannato a 7 anni e 4 mesi - la procura aveva chiesto 10 anni -; Hygr Dedushi, 27 anni, albanese incensurato a 7,2 anni; Ayoub Rachidi, 26 anni, elettricista del Marocco con cittadinanza italiana di Mazzano, a 5 anni e otto mesi. Il gup ha inflitto un anno e otto mesi, poi, a Davide Melzani, che era accusato di una tentata rapina in casa, a Calcinato, dalla ex datrice di lavoro di Dadushi, in concorso con Sylla e Rachidi.
La gang rispondeva nel complesso a vario titolo di cinque raid predatori, tra colpi riusciti e colpi tentati, e 19 capi d’imputazione: stando al pm Flavio Mastrototaro, oltre alla gioielleria del centro, il Compro oro “Oro in euro” di via Orzinuovi in città – nel mirino altre due volte senza il risultato sperato dagli autori, che invece il 1 gennaio 2014 trafugarono un bottino di 87mila euro dopo aver legato e picchiato i titolari del negozio – e un supermercato di Mazzano nel 2023. Hanno invece patteggiato una pena di due anni e due mesi le due donne complici della banda, che avrebbero dato una mano agli amici fingendosi clienti e lasciando la porta aperta de “I gioielli di Rossana” e di “Oro in euro”.
In totale gli imputati erano 13. Oltre ai rapinatori, sono comparsi davanti al giudice sette presunti ricettatori della merce rubata. Quattro sono stati rinviati a giudizio, i restanti hanno ottenuto patteggiamenti e messe alla prova. La rapina che fece più scalpore fu quella ai danni della gioielleria in centro. Stando alla ricostruzione accusatoria a compierla materialmente furono Sylla e Dadushi, travestiti da rider in monopattino mentre Rachidi fornì il supporto logistico, aspettandoli a bordo di un’auto in Castello. Ragazzi stanziali sul territorio, amanti della bella vita, li avevano descritti gli investigatori al momento dell’arresto, dei locali e delle auto costose (che noleggiavano). Sylla aveva fatto pure il modello in sfilate milanesi.