
Foto di gruppo fuori dal loro «covo» di Bagnolo Mella
Brescia, 31 gennaio 2016 - La moto per loro è molto di più che un semplice mezzo di trasporto. Ridare ai bambini vittime di violenza e abusi il diritto a non avere paura è la loro missione. Loro sono i Baca, Bikers against child abuse (motociclisti contro gli abusi contro i bambini), e allo stile di vita che rimanda alla strada associano anche il classico cuore d’oro. Sono 31 i Baca della sezione operativa di Brescia, la prima a essere realizzata in Italia e in Europa, e ogni giovedì si incontrano nella casa cantoniera tra Brescia e Bagnolo Mella per l’assemblea settimanale. «Tutto è nato quasi per caso – racconta Trappola (ogni biker ha il suo nickname), la moglie di Spagno il fondatore dei Baca italiani – In un raduno a Osoppo abbiamo visto una patch (le toppe cucite sui gilet dei bikers) con un pugno chiuso. Abbiamo scoperto che era molto simile a quello dei Baca».
I Bikers against child abuse negli Usa sono un’istituzione. Sono un’associazione no profit nata nel 1995 dall’idea di Chief, biker e psicologo specializzato nell’assistenza ai bambini dai 3 agli 8 anni, che maturò la convinzione che la figura del biker avesse capacità di attrazione e forza utili a dare sostegno ai bambini abusati. «Il loro progetto ci è piaciuto – ricorda Trappola - e ci siamo messi in contatto con gli Stati Uniti per vedere se potevamo esportare l’idea anche qui». È così partita una avventura in cui all’inizio pochi avevano dato credito. «Molti sostenevano che non avremmo avuto la forza di portare avanti questo progetto Siamo partiti in sei e ora siamo molti di più».
Entrare a fare parte dei Baca non è come entrare in un gruppo di persone che si limitano alla scampagnata domenicale sui laghi a cavallo di una motocicletta. «Ci sono diversi passaggi – spiega Pole – Prima c’è una fase di conoscenza reciproca tra noi e la persona che chiede di entrare a fare parte della nostra famiglia. Se l’aspirante non ha a carico denunce o condanne per violenza su bambini o donne, inizia una fase di formazione giuridica e psicologica. Abbiamo a che fare con giovanissimi che hanno perso la fiducia negli adulti e il nostro compito è di fargli capire che con noi sono in un ambiente sicuro». I Baca frequentano le case protette o direttamente le abitazioni private in cui c’è bisogno di loro. «Organizziamo gite con i bambini oppure raccogliamo fondi – spiega Grizzly – Con i bambini nasce un rapporto speciale. Ogni volta l’approccio è differente, ma poi grazie anche alla curiosità che suscitano le motociclette si riesce sempre a instaurare un contatto».
di PAOLO CITTADINI