La zona rossa avrebbe salvato vite. Tra i 2mila e i 4mila i morti in meno

Il professor Crisanti ha consegnato la consulenza ai pm che indagano per epidemia colposa nella Bergamasca. "Criticità anche del piano pandemico. Spero che questo documento possa contribuire a ricostruire la verità"

L’arrivo in procura del professor Andrea Crisanti

L’arrivo in procura del professor Andrea Crisanti

Bergamo - Se fosse stata istituita la zona rossa nei comuni della Bergamsca travolti per primi dalla pandemia di Covid-19 si sarebbero evitate dalle 2 alle 4mila vittime. Almeno secondo il metodo di Stefano Merler, consulente del Comitato medico scientifico, dal professor Andrea Crisanti. All’uscita dalla procura, dopo oltre quattro ore, tra il nugolo di giornalisti che pendono dalle sue dichiarazioni, si è fatta largo lei, Alessandra Raveane, di Monza. Ha perso il nonno nel 2020. Indossa la pettorina con scritto: "#Sereni, vogliamo una commissione d’inchiesta". Ha in mano un mazzo di fiori e lo porge al professor Andrea Crisanti: "A ricordo delle vittime del Covid, e un ringraziamento per il lavoro che ha fatto". Già, un lavoro immane, quello svolto dal microbiologo dell’università di Padova, qui in veste di consulente della procura. Ieri ha consegnato nelle mani del procuratore Antonio Chiappani la relazione tecnica composta da un centinaio di pagine (come un’ordinanza) ma corredata da diecimila pagine in allegati. Relazione quella di Crisanti che va ad aggiungersi al lavoro dei pm che cercano di fare luce sull’inizio della pandemia, in un’indagine per epidemia colposa che spazia dalla gestione locale dell’ospedale "Pesenti Fenaroli" di Alzano Lombardo, dove furono individuati i primi pazienti contagiati dal virus il 23 febbraio 2020, alle decisioni prese ai piani alti della Regione Lombardia e a Roma riguardo alla mancata zona rossa e, più in generale, all’applicazione dei piani pandemici esistenti.

«L’inizio della pandemia va retrodatato. Quando fu trovato il paziente 1 (era il 20 febbraio 2020), all’ospedale di Alzano Lombardo c’erano già 100 pazienti infetti — ha dichiarato Crisanti –. Ormai è certo che la storia del Covid a Bergamo e in Italia deve essere retrodatata. La mia consulenza costituisce un unicum per tentare di ricostruire la verità e ciò che è accaduto in questo paese. Ogni giorno, ho letto nomi di vittime nella Bergamasca, ricordo che in una provincia di un milione di abitanti ci sono stati più di 6 mila morti dovuti al Covid e non devo dire io che è stato un disastro. Spero che questo documento possa contribuire a ricostruire la verità". Quanti morti si sarebbero potuti evitare con la zona rossa tra Alzano Lombardo e Nembro ?  "Come ho detto al procuratore, è stata rilevata una criticità della zona rossa, un’altrettanta criticità del piano pandemico (il riferimento è al mancato rinnovo di quello del 2016) e una minore criticità dell’ospedale di Alzano Lombardo. Posso dire che mi sono attenuto all’incarico ricevuto dal procuratore: indipendentemente da responsabilità penali e amministrative, il nostro compito è restituire ai parenti delle vittime la storia di ciò che è accaduto. Dunque, ho ricostruito passo a passo quanto accaduto all’ospedale di Alzano e nella Bergamasca e come queste vicende si sono intersecate con i piani pandemici esistenti".

Ci sono, ha spiegato il professore, "aspetti verticali legati all’ospedale di Alzano Lombardo e alla zona rossa e aspetti orizzontali che sono legati alle misure che sono state prese". Rispetto a eventuali colpe, il microbiologo è stato cauto: "Io credo — dice — che molte scelte siano state prese in buona fede sulla base delle conoscenze di allora, ma spetterà al procuratore fare valutazioni". L’avvocato Consuelo Locati, del team legale azione civile ha dichiarato: "Riteniamo il deposito della perizia una svolta importantissima che potrà fornire le risposte alle tante domande dei famigliari delle vittime e dei cittadini italiani".