
Claudio Galimberti, il leader degli ultras della curva dell'Atalanta (Ansa)
Bergamo, 19 giugno 2015 - Tutto slitta al 2 luglio prossimo, quando il gup Ezia Maccora deciderà se rinviare a giudizio con l’accusa di associazione a delinquere sei ultrà dell’Atalanta, tra cui il leader della curva Nord dello stadio di Bergamo, Claudio Galimberti, noto con il soprannome di “Bocia”, più il segretario provinciale della Lega Nord, Daniele Belotti, da sempre grane tifoso della squadra nerazzurra, accusato di concorso esterno nell’associazione: per l’accusa, sarebbe stato l’ideologo della curva Nord, ma lui si è sempre difeso sostenendo di aver fatto solo da intermediario tra gli ultrà e le forze dell’ordine, come dimostrerebbero numerosi colloqui avuti in questi anni con i questori che si sono succeduti a Bergamo. E’ questo l’esito dell’udienza preliminare di ieri mattina, al termine della quale il giudice si è riservata la decisione. Il pm Carmen Pugliese ha ribadito la necessità di celebrare il processo, forte del parere della Cassazione. Secondo il pm il gruppo di ultrà imputati (oltre a Galimberti, sono finiti nei guai Davide Pasini, Giuliano Cotenni, Luca Valota, Andrea Piconese e Andrea Quadri) ha avuto un’organizzazione precisa per i provocare scontri o disordini, o è stato in grado di influenzare l’ambiente societario e dei calciatori. Di contro, le difese hanno ribadito un concetto già espresso più volte: un’organizzazione per il tifo non può corrispondere a una presunta banda con obiettivi delinquenziali.
Sulla sussistenza dell’accusa di associazione a delinquere si era già espressa l’anno scorso il gup Patrizia Ingrascì, che aveva bocciato l’ipotesi di reato invocata dal pm, disponendo il non luogo a procedere su quel capo d’imputazione per i sei ultrà e per Belotti e mandando a processo 143 supporters per singoli reati: le condanne per questo processo sono arrivate lo scorso 20 aprile, quando il giudice Maria Luisa Mazzola aveva condannato 50 tifosi bergamaschi, nel complesso a 47 anni di carcere. La pena più pesante era stata inflitta a Claudio Galimberti: 3 anni, contro i 6 che erano stati chiesti. Nel frattempo, però, il pm Pugliese aveva fatto ricorso in Cassazione sulla bocciatura dell’associazione a delinquere, strappando il suo primo successo su quel fronte: secondo la Suprema Corte, il gip Ingrascì, con il proscioglimento, aveva anticipato un giudizio di merito che dovrebbe essere proprio del processo. Per questo la palla è tornata al tribunale di Bergamo e al giudice dell’udienza preliminare, cui spetta l’ultima parola.