MICHELE ANDREUCCI
Cronaca

Omicidio di Palosco, l'accusa: "Per il mandante 25 anni di carcere"

L’arringa del pm contro l’indiano che ha anche fornito la pistola carica e senza sicura al killer

Il sopralluogo dei carabinieri nella casa dell'omicidio

Palosco (Bergamo), 25 maggio 2019 - «Un boss, un capobastone spregiudicato, il leader del gruppo Taigar group, che è sicuramente il mandante dell’omicidio e che ha fornito la pistola carica e senza sicura al killer, accettando in questo modo il rischio che potesse succedere qualcosa di estremamente grave. Come poi è effettivamente successo».

Sono i passaggi salienti dell’arringa del pm Emanuele Marchisio, che ieri mattina ha chiesto la condanna a 25 anni di reclusione di Sandhu Bhupinderejeet Singh, l’indiano di 28 anni accusato di essere il mandante del delitto del connazionale Amandeep Singh, compiuto la notte del 10 settembre 2017 a Palosco, quando la vittima, che si trovava sul balcone della propria abitazione, fu raggiunta da un colpo esploso da una Smith & Wesson calibro 38.

L'arma era impugnata da Hardeep Singh, detto Deepa, 35 anni, condannato in abbreviato (sconto di un terzo sulla pena finale), come esecutore materiale dell’omicidio, a 14 anni e 8 mesi di reclusione. Un colpo di avvertimento finito in tragedia, dopo un confronto tra bande rivali di indiani che si stavano prendendo a sassate, secondo la versione del killer. Secondo il pm Marchisio, l’omicidio di Amandeep sarebbe stata la reazione del gruppo capeggiato da Sandhu alle pressioni della vittima per farsi saldare dall’imputato un credito di 500 euro per acquisto di alimentari non pagati.

Sandhu, che respinge le accuse, avrebbe invitato i suoi a dare una lezione ad Amandeep, ma, come ha ricordato la pubblica accusa, «fornendo l’arma, carica e senza sicura, era consapevole che il raid punitivo potesse avere conseguenze ben più gravi, che potesse scapparci il morto». Il pm Marchisio, nel corso della sua requisitoria, durata due ore, ha tracciato il ritratto di Sandhu, criticandone anche il comportamento processuale. «Negli ultimi anni – ha sottolineato il pm – non ha mai lavorato, aveva un’amante fissa, nonostante fosse sposato e avesse dei figli piccoli, ed era solito circondarsi da un gruppo di connazionali che facevano tutto quello che lui ordinava, persino comprargli le sigarette e i preservativi con i loro soldi. Altro che leader pacifico e punto di riferimento della comunità, come ha sempre sostenuto lui. Inoltre, non ha avuto il coraggio di rendere la sua testimonianza a questa corte, di gridare la sua innocenza. Ha affidato il tutto a un memoriale difensivo di poche pagine, in cui si è limitato a descriversi come pacifico leader del Taigar group».

Uno dei difensori dell’imputato, l’avvocato Matteo Brunori (foro di Brescia), ha chiesto l’assoluzione del suo cliente per mancanze di prove certe. Giovedì prossimo è prevista l’arringa del secondo legale di Sandhu, l’avvocato Stefania Amato, quindi la corte si ritirerà per la sentenza. Oltre all’esecutore materiale dell’omicidio, sono già stati condannati anche altri quattro indiani, che la notte del 10 settembre 2017 facevano parte del commando omicida.