Francesco Donadoni
Cronaca

Omicidio di Seriate: per il marito della vittima l’assoluzione è definitiva. Resta il mistero

Gianna Del Gaudio fu uccisa nell’agosto 2016. La Procura non ricorre, per Carlo Tizzani vale la sentenza di primo grado

Antonio Tizzani e Gianna Del Gaudio

Antonio Tizzani e Gianna Del Gaudio

Bergamo – “Adesso è definitiva, i giudici hanno detto tutto. Ma io lo sapevo, perché sono sempre stato sincero e tranquillo. Quando ho avuto la notizia? Lunedì mi ha chiamato il mio avvocato. Mentre parlo vedo la foto di Gianna che mi sorride. È sempre vicino a me. Spero che sia finita una volta per tutte". Risponde al telefono dalla villetta di Seriate Antonio Tizzani. La sua assoluzione è diventata definitiva. L’ex ferroviere di 74 anni era accusato di aver ucciso la moglie Gianna Del Gaudio, professoressa in pensione, nella loro casa la notte tra il 26 e il 27 agosto del 2016. "Io sono sempre stato sereno, anche durante il processo e dopo. Sono sempre stato tranquillo, i giudici lo hanno scritto, ma lo sapevo". La sentenza è diventata definitiva perché la procura generale di Brescia non ha fatto ricorso.

Tizzani, difeso dall’avvocato Giovanna Agnelli, era stato assolto lo scorso ottobre in appello e anche in primo grado. Lui si è sempre proclamato innocente: quella notte, è stata la sua versione sin dall’inizio, rientrando a casa dal giardino aveva visto un uomo incappucciato con una felpa nera intento a frugare nella borsa della moglie, che giaceva a terra morta, in una pozza di sangue. Il pm, Laura Cocucci, presentando ricorso in appello aveva chiesto la condanna all’ergastolo. Si chiude un capitolo giudiziario, ma rimane l’inquietante interrogativo: chi ha ucciso Gianna Del Gaudio con un fendente alla gola? Indagini punto e a capo, ma da dove ripartire? Dalla caccia all’incappucciato che quella notte indossando una felpa per camuffarsi sferrò una coltellata alla professoressa per rapina? Una morte che resta avvolta nel mistero.

La corte d’Appello di Brescia lo scorso ottobre nelle motivazioni sottolineò chiaramente le ragioni che l’avevano spinta ad assolvere dall’accusa di omicidio volontario Antonio Tizzani, unico sospettato. In settanta pagine i giudici avevano spiegato la sentenza partendo dalle testimonianze dei vicini che quella notte avevano sentito delle grida provenire dalla villetta dei coniugi. Una lite – secondo l’accusa – tra marito e moglie finita in tragedia. Un’ipotesi, come avevano osservano i giudici, "ostacolata dalla quasi totalità dei testimoni", che ricordavano soltanto di aver sentito un uomo urlare. Un fatto compatibile con la reazione "angosciosa, disperata e rabbiosa" dovuta alla scoperta della moglie sanguinante a terra.

Poi la parte che riguarda un ignoto rapinatore, la tesi dello sconosciuto sorpreso in casa a frugare nella borsetta. C’è poi l’ampio capitolo dedicato al Dna, dichiarando "nullo" l’accertamento tecnico da cui uscì il profilo genetico dell’imputato sull’arma. La difesa aveva puntato i riflettori sul rischio di contaminazione dei reperti, tesi accolta dai giudici che hanno sottolineato come il prelievo in questione sia avvenuto dopo l’apertura del tampone salivare dell’imputato. Ora si torna dall’inizio, si riavvolge il nastro delle indagini.