Morti per Covid a Nembro, l’ex sindaco: “Le lobby hanno lasciato aperti bar e ristoranti”

In Val Seriana sarebbero poi morte migliaia di persone, mentre i vertici sanitari erano scettici sull’uso dei test a tappeto. Ranieri Guerra disse: “Sono una scemenza”

L'ex sindaco di Nembro Claudio Cancelli e le bare dei morti per Covid-19 in Val Seriana

L'ex sindaco di Nembro Claudio Cancelli e le bare dei morti per Covid-19 in Val Seriana

“Anch'io sarei stato drastico su ristoranti, bar, centri sportivi, eccetera. E Invece le varie lobby li hanno lasciati aperti. Sbagliato. Se devi intervenire, intervieni in modo rigido, altrimenti non serve”. Era questo che scriveva, in un messaggio, il sindaco di Nembro Claudio Cancelli riguardo la mancata istituzione della zona rossa in Valseriana. Qualche settimana più tardi, nella zona si registrarono migliaia di morti che, secondo gli inquirenti e la perizia di Andrea Crisanti, si sarebbero potuti evitare.

Il messaggio del sindaco di Nembro, che aveva scritto a un imprenditore della zona il 3 marzo 2020, è agli atti d’indagine della Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata di Covid-19. Nell'inchiesta, tra i 19 indagati, ci sono l'ex premier Giuseppe Conte, l'ex Ministro Roberto Speranza, i suoi tecnici e il governatore della Lombardia Attilio Fontana. La zona rossa a Nembro e Alzano Lombardo non fu mai istituita, ma avrebbe potuto evitare – secondo le stime – tra le duemila e le quattromila vittime in Val Seriana.

Nella perizia, il microbiologo Andrea Crisanti ha scoperto che il Paziente Uno non fu quello di Codogno: “All'ospedale di Alzano Lombardo il Covid circolava già dal 4 febbraio 2020”, per un contagio avvenuto il 26 gennaio quindi di tre settimane prima della data del caso di Paziente Uno. “Erano tre i pazienti infetti ricoverati nel reparto di medicina al terzo piano e uno nel reparto al secondo piano con un quadro clinico compatibile con infezione da Sars-Cov-2 poi confermata con tampone molecolare”.

Dall’indagine emerge anche lo scetticismo nei confronti dei test a tappeto sulla popolazione da parte dei vertici dell’autorità sanitaria nazionale, cioè il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro e direttore aggiunto dell’Organizzazione mondiale della sanità Ranieri Guerra.

“Il tema è che tutti pensano che il test serva a qualcosa”. Così il 22 febbraio 2020, il giorno dopo la scoperta del Paziente Uno, Brusaferro. Lo dimostra una chat con Francesco Curcio direttore del Dipartimento di medicina di Laboratorio di Udine agli atti dell'inchiesta sulla Val Seriana. In quel periodo la valutazione era non procedere con l'uso massiccio dei tamponi, anche se da Londra era stato comunicato che “oltre due terzi dei portatori sani provenienti dalla Cina sono rimasi “undetected” e hanno avuto il tempo di diffondere il virus”.

“Fare tamponi a tutti adesso è la cazzata del secolo”. Così il 15 marzo 2020, in pieno lockdown, disse invece Ranieri Guerra, allora numero due dell'Oms, proprio a Brusaferro. Nella chat, agli atti dell'inchiesta Brusaferro rispondeva a Guerra: “No è che ognuno va per conto suo”. E il direttore vicario dell'Oms rassicurava: “Ho parlato con Galli, poi, e gli ho detto di desistere dal proporre scemenze come tamponi per tutti... ha convenuto, spero”.