
Dario Mandragola, il paracadutista morto a Fano (De Pascale)
Bonate Sopra (Bergamo), 17 agosto 2014 - Avrebbe compiuto 45 anni il 3 settembre Dario Mandragola, idraulico di Bonate Sopra, se non fosse rimasto vittima della sua più grande passione: il paracadutismo. È morto il giorno di Ferragosto mentre era in vacanza con l’amico Andrea, a Fano (Pesaro), nelle Marche, dove c’è un centro di lanci tra i più amati dai paracadutisti italiani: perché dai mille metri (la quota di lancio) e via via a scendere, si può godere di uno spettacolo unico ed emozionante, tra il mare e la collina. Sarebbero dovuti rientrare a casa stasera. Aveva 432 lanci all’attivo Mandragola, il cui nome compare nel consiglio direttivo della scuola di paracadutismo di Bergamo Cut-Away. Non era certo un paracadutista inesperto.
Il primo lancio l’aveva fatto quasi 20 anni fa, durante il servizio militare nei parà. Da quel lontano 1996 l’uomo, che lascia la compagna Bruna (non hanno figli) i genitori e una sorella, si è dedicato con passione a quella disciplina conosciuta sotto le armi e amata fino alla fine. Fino all’altro pomeriggio quando qualcosa è andato storto. Tanto storto da non poterlo più raccontare. Sotto choc l’hanno dovuto invece raccontare i testimoni alla polizia che ora indaga sul perché il paracadute di Mandragola in quel suo ultimo lancio non si sia aperto . E perché anche quello di emergenza (posto sotto sequestro) gli abbia dato problemi, facendolo precipitare in caduta libera per 1000 metri e venti interminabili secondi prima dell’impatto fatale con la siepe della piscina del centro Skydiving di Fano, affollata di gente e bambini.
Erano da poco passate le 16 quando l’aereo Pilatus P6 ha raggiunto la quota di lancio e Mandragola si è tuffato nel vuoto per fare un “Relativo” (così si chiamano le evoluzioni in gruppo) con altri due amici. Ma quando dopo un paio di spettacolari evoluzioni in aria ha lasciato le mani dei compagni perché tutti aprissero il paracadute... il suo non ne ha voluto sapere di venire fuori. E allora Mandragola ha fatto quello che doveva fare: sganciare l’imbragatura e tirare la leva d’emergenza. L’aveva già dovuto fare il 2 maggio scorso, quando la vela principale gli aveva dato altri problemi. Quella volta però gli era andata bene. A Ferragosto, invece, lo schianto al suolo sotto gli occhi attoniti della gente e dei due compagni.