"Mia figlia? Come bloccata. Io non l’ho capita"

Il racconto di una mamma che ha chiesto aiuto: bisogna farlo alle prime avvisaglie, sbagliato stressarli

"Mia figlia? Come bloccata. Io non l’ho capita"

"Mia figlia? Come bloccata. Io non l’ho capita"

"È come quando devi scendere un gradino, ma la paura ti blocca e alla fine quel passo non lo fai mai". Maria (nome di fantasia, ndr) abbozza un’immagine per raccontare quanto sta capitando alla figlia, 13enne, che da settembre scorso ha iniziato a rifiutare di frequentare la scuola. "Non è ancora Hikikomori – racconta la madre, bresciana – ma siamo ad un bivio. Ci è stato di grande aiuto l’associazione Hikikomori Italia, perché con i loro suggerimenti si è abbassato il livello di scontro tra di noi". I ricordi di questa mamma frugano nell’infanzia, alla difficoltà della bimba ad accettare i cambiamenti. Studentessa brillante, alle medie viene delusa da amici e da prof che che sembrano divertirsi ad umiliare i ragazzi. Cambia scuola, ma anche qui non trova un posto per lei. Con la Dad durante il Covid si sente al riparo da ansia e umiliazioni, per cui a settembre chiede di poter proseguire con la didattica a distanza. La scuola, fortunatamente, capisce di non trovarsi di fronte ad una ragazza svogliata e offre la piena collaborazione alla famiglia. "Andiamo avanti ad alti e bassi – racconta la madre –. Noi abbiamo smesso di pressarla, io le ho chiesto scusa per non aver capito prima la sua sofferenza. Quello che vorrei trasmettere, perché possa esser di aiuto ad altri, è che non bisogna aspettare l’isolamento di 6 mesi, ma farsi aiutare alle prime avvisaglie".

Purtroppo non tutti (scuole, mondo del lavoro, a volte anche psicologi) sono preparati a riconoscere la sindrome di Hikikomori. Lucia (sempre nome di fantasia, ndr), mamma bresciana che vive una situazione analoga col figlio quasi trentenne, è riuscita a trovare un aiuto nell’associazione Hikikomori Italia, tanto che ora il ragazzo ha accettato di farsi seguire da uno psicoterapeuta. "Di punto in bianco ha lasciato la scuola e si è chiuso in casa. Qualche esperienza lavorativa negativa lo ha scoraggiato ulteriormente. Esce solo con me, per una pizza una volta ogni 3, 4 mesi. Ci sono state fasi in cui viveva di notte. Non è dipendente da videogiochi, ma le sue relazioni sono tutte virtuali, a parte la famiglia ristretta. È molto informato e sensibile: secondo lui il mondo non è disponibile per la sua generazione". F.P.