Maltrattamenti all’asilo, in causa anche il Comune

La struttura al centro del processo per anni era stata accreditata. Il Municipio deve rispondere

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A processo per maltrattamenti c’è l’educatrice nonché titolare di un asilo nido in città, P.M.M. di 52 anni. Tre le parti civili, altre undici le parti offese. L’imputata, assistita dagli avvocati Fabio Pezzotta e Sara Veri ha scelto il dibattimento perché vuole difendersi. Sarà un processo ricco di testimonianze, ma prima che entri nel vivo (a giugno) ieri i giudici dovevano decidere se accogliere la richiesta di una delle tre parti civili (avvocati Enrico Cortesi, Michele Filippelli, Francesca Vitale) di chiamare in causa il comune di Bergamo come responsabile civile perché il nido per anni era stato accreditato proprio per il suo metodo montessoriano. Ebbene, il collegio, presieduto dal giudice Patrizia Ingrascì ha dato ragione al pm e alle parti civili, chiamando in causa il Comune. "Il 90 per cento delle accuse sono senza riscontro — dice uno dei legali che difende l’educatrice —. Non possiamo fare un processo perché i bambini piangono. Spiegheremo la metodologia montessoriana mirata a far acquisire autonomia ai bambini. Neghiamo ogni maltrattamento". Il pm Chiara Monzio Compagnoni, invece, nell’imputazione alla titolare dell’asilo nido descrive tutto un altro scenario, di maltrattamenti. Insulti ai bimbi con parolacce, minacce di lasciarli soli nei lettini perché piangono, scarsa cura, sberle e sculacciate e, documentato con le microcamere piazzate dalla Squadra mobile, una bimba costretta con la forza a sdraiarsi nel lettino perché dormisse. Tutto era iniziato con l’esposto di una mamma, a novembre 2019. Lei e il marito videro per caso l’asilo nido in questione passandoci spesso. Ci andarono per capire la gestione, parlarono con la titolare che illustrò loro tutto e mostrò la struttura. Si convinsero. Ma il loro bimbo di un anno dopo un po’ iniziò a non dormire di notte, non voleva stare nel suo lettino, faticava a separarsi da loro. La neo mamma portò via il suo piccolo. Andò dalla polizia (disse che, tolto da lì, il figlio tornò sereno). La Mobile ha sentito altri genitori e piazzò cimici e telecamere che riprendono. Ci sono i rimproveri quando i bambini piangevano con la minaccia di metterli da soli nel lettino in bagno o di prenderli a sberle. Le parolacce, le sberle sulle mani e sulla testa, le tirate di orecchie e di capelli, le sculacciate. F.D.