È stato sviluppato per missioni di guerra e per operazioni di spionaggio e controspionaggio, poi è stato utilizzato per dare la caccia ai latitanti, ora è tra le migliori alleati dei soccorritori per rintracciare e salvare dispersi e persone in difficoltà in montagna e nei boschi. È il dispositivo IMSI catcher. Tradotto significa “ricevitore di IMSI“. IMSI è l’acronimo di International Mobile Subscriber Identity, cioè il numero identificativo univoco di 15 cifre di ogni utenza di telefonia mobile memorizzato nelle Sim. L’IMSI catcher consente di intercettare i segnali dei cellulari, senza bisogno di passare dai gestori delle compagnie telefoniche. È un sistema che si sostituisce alla cella telefonica di riferimento e la clona. In questo modo permette di localizzare un telefonino, fornendo la posizione, o almeno di circoscrivere una zona approssimativa del punto dove si trova e quindi di dove dovrebbe essere l’utente che lo utilizza. Non importa se non c’è campo, basta che il telefonino sia acceso, per questo è importante che gli escursionisti tengano sempre cariche le batterie dei loro smartphone. Lo hanno a disposizione sia i militari del Sagf, il Soccorso alpino della Guardia di finanza, sia i vigili del fuoco. L’apparato viene installato sui loro elicotteri, posizionando le antenne sulla carlinga dei velivoli Sar Search and rescue, da ricerca e soccorso. Può essere posizionato pure sui droni. Il funzionamento è complesso, ci vuole un tecnico di sistema, che lo imposti a seconda del tipo di segnale da cercare e traduca in coordinate sulla mappa i riscontri ricevuti. Rivela segnali fino a 5 chilometri di distanza. Il sistema permette di circoscrivere la zona delle ricerche e vede dove l’occhio umano non arriva, come sotto la vegetazione o la neve. Grazie all’apparato da guerra elettronica sono state già salvate molte vite o almeno è satto possibile restituire ai familiari un corpo su cui piangere.
Daniele De Salvo