LUCA CALO'
Cronaca

Coronavirus a Bergamo: Rsa, il piano c’era. Poi il "corto circuito"

Siamo entrati in possesso della delibera di Ats che spiega come il protocollo di gestione sia iniziato da inizio di marzo

Nelle Rsa della provincia di Bergamo si è manifestato un aumento della mortalità del 195%

Bergamo, 12 maggio 2020 - Le residenze sanitarie assistite per anziani a Bergamo erano state coinvolte nell’emergenza Coronavirus dall’inizio del mese di marzo. Cioè subito dopo l’ormai celebre delibera della giunta regionale, che chiedeva alle Ats di effettuare una ricognizione sul territorio per verificare la disponibilità, in queste strutture, di posti letto per accogliere pazienti Covid-19 positivi. Ciò non significa che i malati di Coronavirus sono entrati nelle Rsa da inizio marzo, ma che la ricognizione sul territorio iniziò con tempi molto celeri. Teoricamente i ricoveri hanno avuto inizio dal 18 marzo, data di attivazione della Centrale unica regionale di dimissioni post ospedaliere per la gestione dei posti letto destinati a pazienti ancora positivi. Solo un mese dopo, però, per motivi che vedremo, è intervenuto un modello di contratto tra Ats Bergamo e le varie strutture per definire le prestazioni sanitarie e così la stessa Ats ha reso pubbliche, dopo la fine dell’istruttoria, le strutture idonee (in totale 22 tra Rsa, istituti di cure intermedie e ospedali privati) tra quelli che si erano dichiarate disponibili.

Tutto questo lo si apprende da una delibera del direttore generale dell’Ats di Bergamo, Massimo Giupponi, datata 24 aprile. Il documento, va precisato, non chiarisce i contorni dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulle morti per Covid-19 nelle residenze sanitarie assistite e case di cura nella Bergamasca - al momento a carico di ignoti - ma permette di ricostruire come, quando e perchè strutture del genere sono state coinvolte nella gestione dei pazienti Covid-19 positivi. L’inchiesta della Procura, lo ricordiamo, ha come ipotesi di reato epidemia colposa e omicidio colposo ed è partita da un dato: l’aumento del 195%, nei primi tre mesi di quest’anno, dei decessi nelle Rsa rispetto allo stesso periodo del 2019. Tornando alla delibera del direttore generale dell’Ats Bergamo, il primo dato da evidenziare è quello del modello di contratto tra l’Agenzia di tutela della salute e le varie strutture. Viene adottato il 24 aprile, un mese dopo l’ipotetico inizio dei primi ricoveri.

Il motivo? Secondo quanto riportato da Ats, dopo l’avvio della Centrale unica di dimissioni si è creato un canale diretto tra la Centrale stessa e le strutture interessate. La conseguenza? Ats si è ritrovata a non ricevere nessuna comunicazione e di conseguenza a non poter emettere autorizzazioni. Da qui la necessità di predisporre una schema di contratto per la definizione delle prestazioni sanitarie ai pazienti Covid e dei requisiti che le strutture devono avere. Vale a dire in "strutture autonome dal punto di vista strutturale (padiglione separato da altri o struttura fisicamente indipendente) e dal punto di vista organizzativo". Il secondo dato da evidenziare, sempre riferendosi alla delibera del direttore generale dell’Ats del 24 aprile, è quello delle date. Qui emerge come le Rsa siano state coinvolte nell’emergenza, come riportato in apertura, da inizio marzo.

La delibera della giunta regionale è dell’8 marzo. Già il giorno dopo l’Ats di Bergamo dichiara di aver individuato i posti letto disponibili attraverso una ricognizione ad hoc; il 12 e 17 marzo poi si svolgono incontri con i rappresentanti delle associazioni delle Rsa. Il 18 Regione Lombardia comunica che la Centrale unica di dimissioni è attiva. Si può partire. Ora emergono molte domande. Una su tutte: In quante e quali strutture sono stati ospitati pazienti Covid? Prima del 24 aprile che cosa regolava l’effettiva corretta erogazione delle prestazioni sanitarie? Interrogativi a cui forse sta cercando di rispondere anche la Procura.