REDAZIONE BERGAMO

Omicidio Cantamessa, la mamma di Eleonora: «Un oltraggio le scuse dell’assassino»

Straziante testimonianza di Mariella Armati al processo contro Vicky Vicky, l’immigrato indiano accusato di aver investito e ucciso il fratello e la dottoressa di Trescore che lo stava soccorrendo. A sua volta l'imputato ha dato la sua versione: "Ho ucciso mio fratello, che invece volevo salvare"

Mariella Armati al processo per l'omicidio della figlia

Bergamo, 25 febbraio 2015 - Straziante testimonianza al processo contro l’immigrato indiano Vicky Vicky, accusato dell’omicidio della ginecologa di Trescore Balneario, Eleonora Cantamessa.

In aula è comparsa la madre della dottoressa, la signora Mariella Armati, che tra le lacrime ha ricordato i tragici fatti dell’8 settembre 2013, quando la figlia si fermò a Chiuduno per soccorrere l’immigrato Baldev Kumar, rimasto gravemente ferito al termine di una rissa tra fazioni rivali di cittadini indiani.

L’imputato, fratello di Kumar, mentre la donna stava soccorrendo il ferito, investì entrambi in automobile e li uccise.

Mariella Armati ricevette poi una lettera di scuse da Vicky Vicky ma in aula ha dichiarato di non aver mai creduto alla sincerità di quelle scuse: «Nel mio animo ho avvertito quella lettera come un oltraggio». Parlando della figlia, Mariella Armati ha detto: «In un istante la vita di Eleonora e anche la mia vita sono state buttate in un angolo della strada».

L'IMPUTATO - Vicky vicky, interrogato, ha raccontato la sua versione dei fatti, partendo dai vecchi rancori tra le opposte fazioni di indiani che vivono nella zona. «L'agguato è stato improvviso - ha detto Vicky Vicky -. Una persona è scesa e con una mazza ha iniziato a colpire il cofano della mia auto. Io allora ho innestato la retro e sono scappato. Ma i quattro parenti che erano con me in auto mi hanno detto di tornare indietro per aiutare mio fratello. E così ho fatto. Ho visto due fari bianchi puntati verso di me. Ho chiuso gli occhi e ho perso il controllo della Golf: sono sicuro di aver schiacciato i pedali, anche quello del freno. Ma andavo molto forte». «Non so esattamente come sia andata - ha proseguito singhiozzando -. Sono sceso dall'auto e non capivo più niente. Ho saputo soltanto alle 8 di due giorni dopo che avevo ucciso mio fratello, che volevo invece salvare, e la dottoressa. Ho ammazzato tutti, sono accusato di omicidio, ma io in vita mia non avevo ammazzato nemmeno una mosca. Non avevo nulla contro di loro».