Stefano Turchi, malato di Sla e picchiato: “Se devo rischiare la vita per una partita lascio il calcio”

Bergamo, il dirigente preso a calci e pugni da un papà durante la partita tra Brusaporto e Uesse Sarnico: “Sono moralmente distrutto e spaventato, poteva essere una tragedia”

Stefano Turchi, ex calciatore di serie A ora dirigente del Brusaporto

Stefano Turchi, ex calciatore di serie A ora dirigente del Brusaporto

Albano Sant’Alessandro (Bergamo) – Un saloon del Far west, dove sfogare la propria rabbia sul primo che incontri. Il calcio si sta trasformando sempre di più in una sfida all’O.k. Corral. Non più solo nei campi che contano, dove le rivalità sono storiche. Ma anche in provincia, dove da tempo volano insulti e botte, sul terreno di gioco e sugli spalti, anche se in campo a tirare calci al pallone ci sono dei ragazzi. Il tasso di violenza degli ultimi tempi sta crescendo, come dimostra l’ultimo episodio avvenuto domenica nella Bergamasca, sul campo di Albano Sant’Alessandro, dove si affrontavano il Brusaporto e l’Uesse Sarnico, una gara valida per per il campionato Allievi Elite under 17. Questa volta, però, il fatto è ancora più grave, visto che la vittima del pestaggio è un portatore di handicap, affetto da Sla dal 2009, che fa fatica a deambulare e si muove su una sedia a rotelle: una persona, quindi, non in grado di difendersi.

Si tratta di Stefano Turchi, toscano di nascita, 54 anni, da tempo residente in Val Calepio, nome noto nell’ambito del calcio provinciale orobico, responsabile del settore giovanile del Brusaporto, ex calciatore professionista: nel 1991 fu protagonista della promozione in serie A dell’Ancona. Al termine dell’incontro, poi terminato 1-1, il genitore di uno dei calciatori dell’Uesse Sarnico l’ha aggredito, facendolo cadere dalla carrozzina e colpendolo con calci e pugni mentre era a terra. Turchi, che ha sporto immediatamente denuncia ai carabinieri, ha riportato un trauma cranico, contusioni e varie escoriazioni.

"Così non si fa calcio - ha commentato subito dopo l’aggressione l’ex giocatore professionista -, sono distrutto moralmente. Sono anche spaventato al pensiero che una persona come me che ama il calcio e che si trova in condizione di non potersi difendere può diventare vittima di una tragedia. Sto pensando di abbandonare tutto, di tirarmi indietro, nonostante tutta la mia vita sia stata dedicata al calcio. Certo, sarebbe una sconfitta per me, sia come uomo, sia come sportivo e anche come portatore di handicap. Ma se devo rischiare la vita andando a seguire una partita di calcio, non ne vale la pena”.

Turchi solitamente con la sua auto si ferma in uno spazio riservato non accessibile al pubblico, esce dal veicolo e si appoggia sul cofano aggrappandosi alla rete che delimita il rettangolo di gioco per il tempo che riesce a stare in piedi. Poi, si rimette in auto e continua a seguire da lì le partite. Così ha fatto domenica pomeriggio. Ma in quello spazio vietato al pubblico ha incontrato il suo aggressore, che era entrato nell’area riservata per prendere il figlio, calciatore dell’Uesse Sarnico, che si era sentito male in campo e sembrava dovesse abbandonare la partita. Il ragazzo, però, si è ripreso, ma l’uomo, invece di tornare sulle tribune, è rimasto lì e ha iniziato a inveire in direzione di chi era in campo. Turchi ha tentato di calmarlo, ma per tutta risposta è stato aggredito: finito a terra è stato colpito con calci e pugni, fino a quando alcuni dirigenti del Brusaporto l’hanno strappato dalle mani del genitore violento.

Ieri la società del Brusaporto, per sottolineare la gravità di quanto accaduto, ha proclamato silenzio stampa, anche sui social, per tutta la giornata, mentre l’Uesse Sarnico ha diffuso un comunicato per condannare l’episodio. Recentemente, il 12 marzo, un giocatore 17enne della Colicoderviese (Lecco) è stato squalificato per 5 anni per aver rotto il naso a un arbitro, durante la gara con la squadra bergamasca della Vertovese.