Covid a Bergamo, la sentenza del Tribunale: "Ats non tutelò i dipendenti"

Lavoro, il giudice dà ragione ai sindacati riguardo le mancate misure anti-Coronavirus

Covid in ospedale

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Bergamo – Il 30 luglio 2020 la Cgil-Funzione pubblica di Bergamo aveva depositato un ricorso in tribunale (tecnicamente per comportamento sindacale) contro Ats di Bergamo. Siamo nel periodo di massima diffusione della pandemia.

Il sindacato imputava all’agenzia tutela della salute "deputata ad occuparsi di prevenzione delle malattie fra la popolazione e nei luoghi di lavoro, nelle fasi iniziali e più dure della pandemia non è riuscita a proteggere i suoi stessi dipendenti, dimostrandosi inadempiente di fronte all’obbligo di tutelarne la salute e la sicurezza nelle proprie sedi.

Lunedì la sentenza al ricorso pronunciata dal giudice del lavoro del tribunale di Bergamo Elena Greco che ha riconosciuto le ragioni del sindacato. Ats è stata anche condannata a corrispondere alla Funzione pubblica Cgil di Bergamo, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale all’immagine, la somma di 5.000 euro, oltre al pagamento delle spese legali. "Lo sancisce anche il giudice: Ats non ha fatto quello che doveva per tutelare i propri dipendenti", ha dichiarato ieri mattina Roberto Rossi, che nel 2020 era segretario generale della Fp-Cgil provinciale (oggi è segretario organizzativo ).

"Nel ricorso abbiamo denunciato in particolare le scelte operative effettuate da Ats Bergamo in tema di riunioni, spostamenti, assembramenti e distanziamento del personale dipendente, poiché l’agenzia fino alla metà del mese di marzo 2020 ha convocato in presenza numerose riunioni del personale senza adottare alcuna misura di prevenzione del rischio di contagio. Ha istituito poi presso la sede di via Galliccioli due call center con postazioni di lavoro ravvicinate senza prescrivere l’uso di Dpi e senza provvedere a un’adeguata sanificazione di locali e strumenti".

Il giudice rileva poi come Ats "abbia operato con efficienza nell’individuare misure di prevenzione tese ad evitare il contatto dei propri dipendenti con i soggetti non dipendenti, tanto appunto che le ordinarie attività esterne furono sospese, l’ingresso del pubblico venne vietato e i soggetti aventi contatto con l’esterno vennero sottoposti a costante monitoraggio, ma non ebbe altrettanta visione organizzativa nel predisporre le misure di prevenzione e sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro, (…) come se il virus Sars-Cov2 fosse solo all’esterno e non potesse annidarsi anche all’interno degli uffici".

Ats ha annunciato appello, "ritenendo tuttavia di aver operato e attivato tutte le azioni possibili e conosciute all’inizio della pandemia, per tutelare i propri operatori". Nella sua replica, l’Agenzia per la tutela della salute ha precisato che il giudice, ritenendo il ricorso "fondato solo in parte", non ha mancato di evidenziare "la tempestività delle azioni di Ats volte ad adottare misure di salvaguardia innanzi tutto della salute dei lavoratori. Gli accadimenti di quei mesi del 2020 necessitano di essere letti alla luce del particolare momento storico e le contingenze e le urgenze di esso, che hanno portato tutti gli operatori a porre al servizio della collettività le proprie energie lavorative".