
Agnese Romelli con il padre Alberto
Clusone (Bergamo), 24 febbraio 2019 - Ci sono traumi che puoi superare solo se hai grande coraggio. Ci sono storie da raccontare perché possono essere lezioni di vita, perché insegnano a rialzarsi. È la storia di Agnese Romelli, 18 anni compiuti poco più di due mesi fa. La giovane ciclista di Clusone è pronta a ricominciare, perché lei ha sempre ripetuto convinta che un nuovo inizio ci può essere, nonostante i dolori (fisici e psicologici) e un avambraccio che non c’è più. Nella sua mente ogni tanto ripassa quel film dell’orrore, i ricordi dell’incidente in bicicletta in quella maledetta giornata di pioggia e allenamenti del 9 maggio 2018, a Parre. Lei in sella alla sua bici (per difendere i colori del Velo Club Sarnico) finisce contro un Suv. Poi il blackout, i sogni infranti. Ma con tanta voglia di reagire. «Perché mi sono sempre impegnata tantissimo, prima dell’incidente e soprattutto dopo. Certo, ogni tanto ripenso a quei momenti terribili, il ponticello stretto, le parole del mio allenatore, la pioggia. Dallo schianto in poi è calato il buio. So che non è stato facile dirmi che avevo perso un braccio, al risveglio dopo la terapia intensiva anche le infermiere inizialmente si voltavano... Poi mi fu spiegato che c’era stata l’amputzione sotto il brccio. Feci fatica ad accettare, però ho trovato la forza di andare avanti. E questa forza me la dava la bicicletta. Quando a Bologna mi dissero che potevo tornare a pedalare per me è stato un po’ come rinascere».
Ha avuto e ha ancora paura, vero, ma non si è voluta fermare Agnese. E dopo nove mesi di pausa forzata è pronta per tornare a gareggiare, in aprile a Massa, proprio con Claudia Cretti, altra a atleta bergamasca che si rimetterà in sella dopo il dramma del Giro d’Italia in Rosa del 2017 (rimase in coma per due mesi). Agnese e Claudia, quasi coetanee. Le stesse passioni e lo stesso destino, perché entrambe riprenderanno nel paraciclismo, seguendo i consigli di chi le ha ispirate, quell’Alex Zanardi diventato un esempio per tanti. «Anche da Alex, tramite un amico, ho avuto delle offerte dopo l’ospedale. Però ho pensato fosse giusto accettare la proposta di un club non distante da casa». Equa di Pavia è un team paralimpico. «E ha un ds preparatissimo che ha già fatto esperienza alle Olimpiadi. Li ho conosciuti a novembre a una festa della Federazione, poi mi invitarono a un pranzo dove ho visto che c’era un clima bellissimo: so di avere scelto il meglio». Agnese è la prova vivente che con la forza d’animo e un obiettivo fisso in testa ci sono difficoltà che si possono superare. Come l’intervento (il quinto) cui è stata sottoposta il 20 novembre scorso a Legnano. «Prima di Natale sono andata a una visita per la protesi, me ne hanno proposta una per la bici che mi permette di appoggiarmi, e quella mioelettrica, per afferrare gli oggetti. Io vorrei prima quella della bici».
Le idee sono chiare, la grinta non manca. Agnese già in estate aveva ripreso subito a pedalare, poi si era fermata per un nuovo intervento, ma durante le vacanze di Natale ha lavorato tanto. «Quando ricominciai ero instabile sulla bici ed ero ricaduta: un piccolo volo che mi mise un po’ di ansia. Ora sono davvero pronta». Anche perché con le gare ha un conto in sospeso. Il miglior risultato era arrivato proprio prima dell’incidente: «In un anno e mezzo avevo sempre corso con gli allievi senza mai raggiungere il traguardo. Nell’ultima gara per 20 chilometri ero rimasta col gruppo, adesso voglio togliermi qualche soddisfazione. Parteciperò a competizioni su distanze dai 60 ai 90 chilometri, pianeggianti. Sarà durissima già a Massa per i campionati italiani, ma ci provo. E sentendo il vento sbattere sulla faccia anche la paura potrebbe passarmi». In futuro ci saranno ancora al suo fianco mamma Vittoria, papà Alberto e la sorella Marianna: «Dopo il risveglio fui io a doverli consolare... loro piangevano e io cercavo di farli sorridere. Questo mi è servito, mi ha fatto crescere velocemente, perché anche io ho avuto i miei momenti di crisi con le ore trascorse sul divano a pensare, senza mangiare e senza il desiderio di andare a scuola. Poi mi è bastato respirare il clima delle gare per farmi tornare il desiderio di risalire sul sellino...».