ROBERTO CARENA
Cronaca

Il pane, duro lavoro e falsi miti: "Fa bene, ma dev’essere di qualità"

La grande distribuzione e la disinformazione minano i “piccoli”

Un panificio

Un panificio

Chiavenna, 25 aprile 2017 - Il pane resta alimento centrale della tavola, della buona e sana cucina. Più pane in cucina, più panifici all’opera, e più posti di lavoro: la ricerca di personale c’è. Ma non è tutt’oro ciò che luccica, almeno per i piccoli esercizi. «È un lavoro molto impegnativo - affermano i panificatori - di sacrificio. Si lavora di notte affinché il pane fragrante sia in bella vista all’apertura dei negozi».

Fabio Succetti di Mese, che lavora con il fratello Marco e mamma Renata, dice: «Il pane l’abbiamo nel sangue. Oggi la vendita di pane è in fase calante, anche per i centri commerciali che creano una forte concorrenza producendo pane qualitativamente inferiore però a buon prezzo. E in molti l’acquistano solo per questo». Decisamente superiore la produzione di pane di Moreschi, azienda con svariati negozi in Valchiavenna e alto lago. «La vendita è soggetta a diversi fattori - spiega Fausto Moreschi -. Quello da noi prodotto è destinato solo ai nostri negozi e a qualche ristorante. Però se ne consuma meno, un po’ perché non ci sono più le grandi famiglie e un po’ per risparmiare. Se avanza lo si riscalda. Anche i costi incidono parecchio: materia prima, macchinari, energia, manodopera». Gli fa eco Laura Parisi, turista di passaggio. «Il pane costa caro - replica - oggi si vende mediamente dai 3,50/4 euro al chilo. Troppo per essere un prodotto fondamentale. La colpa è dell’euro, con il suo avvento d si è passati da mille lire al chilo a un euro! Si mangiano anche le briciole».

«Una volta la mamma dava al bambino per merenda un panino - afferma Mirko Sala di Samolaco - oggi dà le merendine confezionate. La vendita di pane è diminuita perché si guarda più al prezzo che alla qualità. Un chilo di pane comune artigianale corrisponde a 20 pezzi, mentre il corrispondente acquistato alla grande distribuzione non supera i 15/16. Motivo? La qualità delle materie prime e della lavorazione. Il pane deve essere ben cotto e fragrante, se surgelato e ripreso successivamente rimane morbido, poco digeribile e pesante».

La famiglia Scaramellini di Verceia produce pane dal 1981. «Mangia meno pane, dicono oggi. Ma è falsa comunicazione - afferma Simona che con la sorella Lara e l’aiuto dei genitori gestisce la panetteria - il risultato è un calo del 20%». Luigi Cao, presidente provinciale dell’associazione panificatori ribadisce: «Il pane deve essere consumato fresco e ben cotto, se la cottura non è completata rimane sullo stomaco. E così che fa male. Richiedere il pane prodotto artigianalmente è garanzia di qualità e soprattutto di salute».