Lissone, viale Elisa Ancona per non dimenticare

Intitolata in città una strada per ricordare l'unica vittima lissonese della Shoah

Lissone, la scopertura della targa di viale Elisa Ancona

Lissone, la scopertura della targa di viale Elisa Ancona

Lissone (Monza e Brianza), 27 gennaio 2017 - Le note di "Auschwitz" di Guccini interpretate da un giovane studente e da un suo professore. Le riflessioni dei ragazzi e delle ragazze che frequentano le scuole cittadine, affiancate alle parole di ex deportati e grandi scrittori che hanno riflettuto sull'orrore dei campi di sterminio. Alle spalle, l'immagine-simbolo del lager nazista, quella del cancello del campo polacco sovrastato dalla scritta "Arbeit macht frei", lì dove anche Elisa Ancona perse la vita. Così Lissone ha celebrato questa mattina il Giorno della Memoria, con la cerimonia ufficiale di intitolazione di "Viale Elisa Ancona - deportata nei campi di sterminio di Auschwitz", la strada che d'ora in avanti ricorderà a tutti la figura e la storia dell'unica vittima della Shoah partita dalla città. Una vicenda fin qui non sufficientemente nota, ma la cui memoria sarà adesso tenuta vita dalla targa con cui è stato ribattezzato il viale alberato e pedonale che congiunge via Carducci con il piazzale della stazione Fs.

Elisa Ancona è stata l'unica lissonese vittima dei campi di sterminio, un'80enne di origini ferraresi che a Lissone si era rifugiata e che qui venne arrestata per essere poi deportata ad Auschwitz, luogo da cui non ha più fatto ritorno. Alla manifestazione con cui l'Amministrazione le ha dedicato il viale che corre davanti al Museo d'Arte Contemporanea della città, l'ultimo che probabilmente la donna percorse da persona libera prima della deportazione, hanno preso parte attiva alcune classi di studenti, arrivate in corteo con i propri insegnanti e il sindaco Concetta Monguzzi. Nelle mani dei cartelloni su cui campeggiavano delle ideali "pietre d'inciampo", i sampietrini con il nome delle vittime dei lager nazisti che vengono collocati davanti a quelle che furono le abitazioni di quelle persone: pietre d'inciampo che i ragazzi hanno voluto dedicare ad Anna Frank, a Edith Stein - la filosofa divenuta suora carmelitana, deportata e morta ad Auschwitz, proclamata santa da Papa Wojtyla e alla quale è intitolata la Comunità Pastorale di Lissone - e a Elisa Ancona, figure affiancate a quelle di Aylan (il bimbo siriano morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, mentre tentava di raggiungere l'Europa) e ai bambini dell'ospedale di Aleppo, uccisi dai bombardamenti. Quei cartelli, creati dagli studenti, hanno voluto legare - contro l'indifferenza di troppi - il ricordo di Auschwitz a quello delle stragi di migranti in mare, con l'esplicita scritta "27 gennaio 1945, da Auschwitz a... Lampedusa, 15 gennaio 2017", Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. E anche nelle parole che hanno pronunciato, tra riflessioni sulla Shoah e letture di brani e pensieri di deportati e scrittori, i ragazzi hanno ribadito il filo che unisce in qualche modo quella tragedia con le situazioni odierne in Siria, in Libia e nel mare di Lampedusa.

Gli studenti hanno sottolineano che "il male è un'offesa di cui deve rispondere l'uomo", e che "conoscenza e memoria possono contribuire a evitare il ripetersi di altri orrori".  Luisa Piazza e Maria Grazia Rossi, pronipoti di Elisa Ancona, hanno sollecitato i più giovani a tenere sempre vivo quanto hanno imparato su queste vicende, senza perdere la fiducia. "Continuate a credere, ragazzi, nella bontà dell'uomo", è stato il loro messaggio. "Elisa Ancona - ha ricordato il sindaco Monguzzi - era venuta ad abitare a Lissone perché pensava di essere al sicuro. E invece un giorno sono venuti a prenderla, perché ebrea. Non aveva fatto nulla di male. Nulla. Venne portata a San Vittore e da lì a Verona, e poi su un trasporto per Auschwitz. Questa targa in sua memoria deve essere la nostra pietra d'inciampo, che ricordi quegli eventi e l'unica persona residente a Lissone morta ad Auschwitz".

Nata a Ferrara nel 1863, Elisa Ancona viveva dal 1902 a Milano. A Lissone si rifugiò come sfollata dopo l'occupazione tedesca successiva all'8 settembre 1943 e per sfuggire ai bombardamenti aerei alleati. Il 30 giugno del 1944 venne arrestata proprio a Lissone da militi fascisti della Guardia Nazionale Repubblicana e imprigionata a San Vittore. Da lì fu trasferita a Verona e inclusa in un trasporto in arrivo da Fossoli e destinato ad Auschwitz, dove arrivò il 6 agosto del 1944, venendo avviata alle camere a gas e alla morte.

"Queste vicende sono state una cosa molto, molto brutta: in tanti sono morti senza aver fatto niente, hanno distrutto la felicità di queste persone e anche chi è riuscito a tornare ne è rimasto segnato - è stata la riflessione di Martina, studentessa di seconda delle scuole medie Farè -. Non vorrei mai vivere un'esperienza così". "Tante persone sono morte, ma non sono morte invano - ha proseguito Martina -, perché questo male è stato sconfitto. Anche oggi c'è il razzismo, purtroppo, ed è qualcosa di sbagliato. Nessuno è diverso, siamo tutti uguali, tutti persone. O se anche qualcuno fosse diverso dagli altri va accettato così com'è, perché la differenza ci può arricchire. Mai giudicare le persone". "Quello che dovrebbe farci riflettere è che queste persone non sono state uccise per un motivo che avesse un senso: non avevano fatto nulla - ha sottolineato Francesco, studente di seconda media, anche lui della scuola Farè -. Siamo tutti diversi, ma anche tutti uguali. Non è giusto, e non lo sarà mai, che delle persone siano state uccise senza un motivo. Per questo dobbiamo continuare a ricordare".