"Pronti per sei mesi ad alta tensione. Su Expo finora allarmi infondati"

Francesco Paolo Tronca: già operativi, puntiamo alla prevenzione di Giambattista Anastasio

Il neocommissario di Roma, Francesco Paolo Tronca (LAPRESSE)

Il neocommissario di Roma, Francesco Paolo Tronca (LAPRESSE)

La minaccia del terrorismo islamico, le contestazioni dei movimenti antagonisti e le mire della criminalità organizzata. Tre cerchi concentrici: nel mezzo c’è sempre l’Expo di Milano. Ma quali sono i rischi che davvero incombono sull’evento? E quali le contromisure? «Oggi c’è troppa confusione – dice il prefetto Francesco Paolo Tronca –. E la confusione è alimentata dalle troppe parole, spesso non circostanziate». «Le parole – aggiunge Tronca – sono pesanti come le pietre: meglio usarne poche e precise». Già, perché «per un prefetto quel che più conta è mantenere un forte equilibrio». È un’operazione verità sulle sfide che l’evento e la congiuntura internazionale lanciano alle autorità di pubblica sicurezza, quella che proviamo a delineare con Tronca in un’ora e mezzo di confronto. C’è una premessa che il prefetto invita a tener presente: «Sono venuto a Milano per gestire in modo efficiente e sicuro il semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea e (ora) l’Expo». Anzi, di premessa ce n’è una seconda: «Bisogna smorzare i toni. E aver cura della serenità collettiva».

Milano, 2 marzo 2015 - Prefetto Francesco Paolo Tronca, come riuscire a tenere alta l’attenzione per sei mesi consecutivi? «La vera sfida è proprio questa. Qui sta il difficile. Expo è un evento senza precedenti in Italia proprio per la sua durata, non paragonabile ad un’Olimpiade, che si protrae per 20 giorni, né (sul fronte del monitoraggio degli antagonisti ndr), ad un G8. Modelli di riferimento non ci sono. Ma posso assicurare che non ci saranno cali d’attenzione, sebbene possano essere fisiologici nel lungo periodo, né vuoti di tensione. Non ci sarà alcun cedimento né dal punto di vista operativo né di carattere etico. Manterremo in pressione il sistema dall’inizio alla fine: non ci devono essere alternative. Milano si dimostrerà un valore aggiunto per l’Italia anche in questo».

Quali le misure per la sicurezza della città e dell’evento? «Il sistema di sicurezza è partito da tempo, c’è un graduale e costante innalzamento del livello di prevenzione: non aspettiamo il primo maggio per attivarci, per me Expo è già iniziato. Abbiamo potenziato, e potenzieremo ulteriormente, la vigilanza degli obiettivi sensibili e strategici della città. C’è grandissima attenzione alla mobilità: dalla stazione Centrale alle altre stazioni ferroviarie e metropolitane, dagli aeroporti alle autostrade, quest’ultime non meno importanti. La mobilità è un nodo cruciale per il buon esito dell’evento sotto più aspetti, anche sotto l’aspetto della prevenzione e della sicurezza. Il sito sarà poi presidiato da centinaia di telecamere e dotato di metal detector e sistemi anti-intrusione».

Abbiamo forze sufficienti? «Le forze che abbiamo sul territorio stanno svolgendo un lavoro impegnativo e garantiscono perfettamente la tenuta del sistema. Il Ministero dell’Interno ha poi disposto l’arrivo di 600 militari in città che presidieranno soprattutto il sito espositivo e gli immediati dintorni. Ma non saranno solo 600, arriveranno altri militari, oltre ai rinforzi di polizia di Stato, carabinieri, Guardia di Finanza e vigili del fuoco».

Quando arriveranno i militari e quanti saranno in tutto? «Questione di giorni, i primi già in settimana. Saranno in numero significativo».

Gli 007, nella relazione presentata in Parlamento, inseriscono Expo tra i possibili obiettivi del terrorismo islamico ma al tempo stesso negano ci siano oggi minacce concrete. Ci fa capire? «In questo momento non c’è alcun segnale spia di eventuali azioni terroristiche. Non siamo in presenza di evidenze oggettive né di rischi specifici. Questo però non significa nulla in termini di prevenzione, sicurezza generale e controllo del territorio. L’attenzione deve esser tenuta altissima, come stiamo facendo da tempo. Ripeto: Expo per me è già iniziato, non viene e non sarà trascurato alcun segnale, nemmeno il più modesto. Serve fiducia, però. Bisogna si sappia che l’esperienza maturata dal nostro Paese nel campo della lotta al terrorismo è di assoluta eccellenza. Dobbiamo lavorare per abbassare i toni. Aver cura della serenità collettiva, che è preziosa e importante».

Che effetto le fanno, allora, le dichiarazioni rilasciate dopo i fatti di Parigi da politici di primo piano a proposito di islamici pronti a sgozzarci sui pianerottoli? Resta impassibile, Tronca. «La mia è una non reazione. Il mio approccio con le dichiarazioni che leggo è lo stesso fin da quando ho intrapreso questa carriera: terzietà e neutralità, distinguo sempre il livello politico da quello istituzionale. Vado avanti badando unicamente agli obiettivi che devo raggiungere. La cosa più importante per un Prefetto è mantenere un forte equilibrio. Contano solo i risultati, specie quelli che si ottengono quando si tiene fermo il timone col mare in tempesta. Sono sicuro che Expo riuscirà ad essere un laboratorio di buone pratiche anche sul fronte della sicurezza, come già avvenuto per il contrasto alle infiltrazioni malavitose negli appalti: le interdittive antimafia da me adottate sono, oggi, 74, a carico di circa 50 imprese».

L’apertura di moschee è un fattore stabilizzante o destabilizzante per la sicurezza? «La scelta di aprire nuove moschee spetta alle autorità politiche. Io posso solo dire che il monitoraggio è costante su tutti i luoghi di culto, in modo del tutto acritico, a prescindere dalle confessioni».

Accennava alle interdittive. Il valore degli appalti per i quali sono stati emessi tali provvedimenti è, per l’antimafia, di 200 milioni. Colpisce che la maggior parte delle imprese coinvolte abbiano sede al Nord o nel centro-nord. E gli anticorpi lombardi? «Sono emersi elementi di legame con le organizzazioni criminali tradizionali, soprattutto con la ’ndrangheta, è vero. Ma la sede legale dice poco perché la criminalità organizzata ricorre a prestanome e oggi il radicamento territoriale è secondario per tutte le aziende. Bisogna sottolineare, invece, che grazie agli accessi delle forze di polizia nei cantieri, grazie alla piattaforma informatica costituita per l’Expo e all’incrocio di più banche dati, noi siamo riusciti a risalire sempre al bandolo della matassa, a chi controllava le imprese. Expo è stato un laboratorio di buone e nuove pratiche contro le infiltrazioni malavitose, abbiamo superato la logica burocratica della semplice certificazione antimafia mettendo in piedi un sistema capace di incrociare dati diversi e attivare preziose analisi di contesto. In questo consiste il grande lavoro dei gruppi interforze creati per l’evento. Questo modello resta in eredità al Paese, è un’esperienza preziosa che deve diventare patrimonio di un Paese che non vuole più infiltrazioni negli appalti pubblici».

giambattista.anastasio@ilgiorno.net

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