Caos centrodestra, Salvini contro Bossi. Albertini stronca Parisi e irride Maroni

L’ex sindaco: Stefano non può essere un leader nazionale

Da sinistra Gabriele Albertini, 65 anni, e Stefano Parisi, 59 anni, durante la campagna elettorale

Da sinistra Gabriele Albertini, 65 anni, e Stefano Parisi, 59 anni, durante la campagna elettorale

Milano, 23 giugno 2016 - Tutti contro tutti nel centrodestra. Martedì, su queste pagine, Pietro Tatarella, capogruppo uscente di Forza Italia, aveva contestato la scelta dei vertici nazionali dei partiti della coalizione di correre da capolista a Milano anziché lasciar spazio a giovani impegnati sul territorio, e denunciato, inoltre, lo scarso attivismo di alcuni parlamentari nella campagna elettorale meneghina. Non ultimo, Tatarella aveva criticato anche gli attacchi a sua volta indirizzati ai partiti da Gabriele Albertini. E ieri è stato l’ex primo cittadino a farsi sentire: «Il non essere diventato sindaco di Milano rende problematica per Stefano Parisi la possibilità di avere un ruolo da leader nazionale» commenta Albertini, che della lista di Parisi era il primo nome, ai microfoni di Radio Popolare. «Pur essendo Parisi una persona che stimo enormemente e che è riuscita a mettere insieme una coalizione che va da Matteo Salvini a Corrado Passera – precisa Albertini – non può avere quel ruolo. Uno deve dirigere l’orchestra per fare il direttore d’orchestra, altrimenti resta solo un bravo musicista». Non ottimista, l’ex sindaco: «Al momento non vedo nessun leader nazionale per il centrodestra».

Quanto alle critiche rivolte a lui e a Parisi dal presidente della Regione, Roberto Maroni, Albertini (da sempre critico nei confronti della Lega Nord) si fa piuttosto tagliente: «Mi sembra singolare che Maroni voglia insegnare al mondo come gestire fatti complessi e poi nel suo piccolo orizzonte di Varese, il potente governatore non è riuscito a evitare la sconfitta pur esponendosi come capolista». Da Maroni a Salvini, il passo per Albertini è breve: «Ricordiamo che Salvini aveva parlato di derby tra Forza Italia e Lega: ha perso. Matteo è passato dal Leoncavallo a Casapound e nel suo percorso ha sempre toccato toni alti, è sempre stato un leader di movimento, mai di un’istituzione. Non ha mai governato.

Ora vede che il suo consenso si è ridotto ed è passato al piano B: dire che ha perso perché non ha urlato abbastanza». Albertini ha poi ricordato che «in una riunione a cui non ho partecipato avevano deciso che il nome di Parisi, del candidato sindaco, non dovesse comparire sulla sua lista, ma fosse posto sulle liste dei partiti. L’unico che non lo ha fatto è stata la Lega che ha messo Salvini, con un risultato finale non brillante». Ma, non bastasse, è polemica anche all’interno della stessa Lega. Martedì era stato Umberto Bossi ad attaccare il segretario federale del Carroccio: «Qualcuno ha fatto pasticci a Milano e Varese. Io e Salvini siamo diversi. Noi mettiamo al primo posto la libertà, lui mette al primo posto la giustizia. Salvini ora vuole andare al Sud, ma non ho mai visto un programma, vuole solo raccattare un po’ di voti e scappare, è un’idea che non porta da nessuna parte. Velenosa la replica di Salvini: «Diciamo che non rimpiango la Lega al 3%. Non ho nessun tipo di problema ascolto tutti ma tiro dritto».

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