PAOLO VERRI
Cronaca

Terrorismo, il figlio di dieci anni nel video: "Cacciamo i crociati, il califfo vincerà"

Taskour, barba lunga e tuta mimetica: Allah lo vuole, stiamo arrivando

Nei filmati le azioni militari dei seguaci del sedicente califfo Al Baghdadi

Nei filmati le azioni militari dei seguaci del sedicente califfo Al Baghdadi

Milano, 19 novembre 2016 - La sua voce squillante, da bambino, scandisce con decisione slogan e proclami in arabo. «Mi congratulo con i nostri fratelli musulmani e con i soldati del Califfato in Francia e per questa operazione benedetta – dice – per voi crociati questo è l’inizio della pioggia. I nostri soldati, sono loro che vinceranno». A parlare, in un video diffuso dall’Isis all’indomani degli attentati di Parigi di novembre 2015, è A., 10 anni, figlio di Ahmed Taskour, il presunto jihadista marocchino che nel dicembre del 2014 è partito da Bresso, cintura a Nord di Milano, insieme a tutta la famiglia per i territori dell’Iraq controllati dal califfo Al Baghdadi.

L’uomo, indagato dalla Procura di Milano per terrorismo internazionale, in poco più di un anno è stato in grado di salire diversi gradini nella gerarchia dell’Isis, tanto da diventare uno dei ‘volti’ della propaganda dell’organizzazione terroristica. Barba lunga, cappello nero e tuta mimetica di ordinanza, compare con il figlio in un video diffuso all’indomani degli attentati di Parigi di un anno fa. Nel filmato, che si apre con le immagini del presidente francese Francois Hollande che annuncia l’invio della portaerei Charles De Gaulle nel Mediterraneo per contrastate l’Isis, Taskour viene ripreso con un piano americano. Anche la sua voce è ferma. «Insiste sul successo delle operazioni in Francia e rivolge minacce espresse ai nemici del Califfato» ai quali dice «stiamo arrivando, con il consenso di Allah, noi arriveremo all’interno delle vostre case», fa notare il gip Manuela Scudieri, che su richiesta della Procura di Milano, ha emesso nei suoi confronti un ordine di custodia cautelare per terrorismo internazionale.

Prima di diventare un capo dell’Isis, Taskour in Italia era «ben integrato», fanno notare il procuratore aggiunto Alberto Nobili, a capo del pool anti terrorismo, e il pm Enrico Pavone che hanno condotto le indagini. Abitava con la moglie, la figlia Yasmine di 15 anni e il bambino di 10, in una palazzina di mattoni rossi di edilizia popolare a Bresso. La casa era stata assegnata «regolarmente» dall’Aler. Lavorava come dipendente di una cooperativa di pulizie dal 2007.

Anche la paga era dignitosa, 1200 euro al mese con tanto di tredicesima e quattordicesima. Una vita tranquilla, insomma, come quella di tanti altri migranti di prima e seconda generazione, che nell’anonimato delle nostre periferie vengono avvicinati, indottrinati e convinti a combattere in nome della Jihad. A trasformare l’operaio un un mujaheddin, secondo gli inquirenti, sarebbero stati un altro marocchino, Mohamed Bouri, e un arabo israeliano, Mohammed Bashir Fadi Mohammed, espulsi dall’Italia nel 2013. Nel telefono del primo sono state trovate email indirizzate a Taskour e riferimenti a un profilo Facebook utilizzato dalla figlia 15enne. Abbastanza per insospettire la Digos di Milano, che scavando sotto la superficie ha trovato tracce della conversione del marocchino. Anche se non abbastanza in fretta per impedire a lui e ai suoi familiari di lasciare l’Italia. «Per le vacanze di Natale del 2014 ha chiesto al suo datore di lavoro, di anticipargli il Tfr per andare in Marocco, a assistere la madre malata. In realtà, con quei soldi,più quelli che si fa prestare da una finanziaria, in tutto 30mila euro, parte per la Turchia e poi da lì si sposta in Iraq dove l’abbiamo individuato grazie ai tabulati telefonici», ha spiegato il capo della Digos milanese Claudio Ciccimarra. Difficile però che il 47enne venga arrestato, almeno per ora. Se dovesse decidere di far rientro in Europa, invece, per lui scatterebbero le manette.