Carceri piene? Si taglia sugli agenti: la riforma cancella 625 poliziotti

Rivolta contro i nuovi organici. E ai reclusi paga aumentata dell’83%

Una guardia carceraria

Una guardia carceraria

Milano, 1 dicembre 2017 - Organici falcidiati e celle che scoppiano. Con l’ulteriore beffa di vedere riconosciuto ai detenuti un aumento di stipendio dell’83% (per i lavoretti che svolgono come ad esempio pulizie interne ai penitenziari, o preparazione dei pasti in cucina) mentre il loro compenso è fermo da anni. È pesante il malcontento degli agenti della Polizia penitenziaria di tutta la regione.

Il risentimento nasce soprattutto dal fatto che la loro pianta organica è stata drasticamente ridotta di 625 unità passando dalle 5.219 unità stabilite dal decreto ministeriale del 22 marzo 2013 alle 4.594 fissate dal decreto del 2 ottobre 2017 che riceve le indicazioni della Riforma Madia. «Questo - commenta Alfonso Greco segretario regionale del Sappe (Sindacato autonomo Polizia Penitenziaria) - significa aggravare ulteriormente i carichi di lavoro e di responsabilità sulle nostre spalle, oltre che obbligare il personale a lavoro straordinario al fine di assicurare la copertura dei posti di servizio per 24 ore». I tagli maggiori si registrano a San Vittore (156 uomini), a Opera e Monza (98). Contestualmente gli agenti hanno visto alzare i compensi riservati ai detenuti. «Nell’ottica di razionalizzazione della pubblica amministrazione che ha previsto il Governo - sottolinea sempre Alfonso Greco - riteniamo che non sia giusto aumentare la retribuzione dei detenuti dell’83% e per la Polizia penitenziaria ridurre le unità in servizio e non rinnovare un contratto che è fermo da ormai dieci anni. Con questo decreto, mi sento di dire che si è aggirato il grave problema della carenza di personale e non si è tenuto per nulla conto delle reali esigenze di sicurezza di cui necessita un istituto penitenziario».

Condizioni di lavoro peggiori e penitenziari che scoppiano sempre di più: nei 18 istituti lombardi, al 31 ottobre 2017, c’erano 8.429 persone (456 donne) a fronte di una capienza regolamentare di 6.246. Gli stranieri si attestavano a 3.881. I detenuti in semi libertà erano 76 di cui 14 stranieri. Altro tema scottante sul tavolo è quello delle aggressioni. Gli ultimi episodi a Busto Arsizio, il mese scorso, dove si è persino sfiorata una tragedia quando un detenuto si è prima gravemente lesionato il corpo e poi ha aggredito quattro poliziotti. «Sono stati momenti di grande tensione e pericolo, gestiti nonostante tutto con grande coraggio e professionalità dai nostri poliziotti, nonostante la situazione fosse diventata allarmante – le parole del segretario del Sappe –. Paghiamo in termini di stress e operatività questi gravi e continui episodi critici. E sotto accusa c’è il sistema di “vigilanza dinamica” introdotto recentemente. In pratica, mentre prima il detenuto poteva stare fuori dalla cella solo un’ora al mattino e un’ora al pomeriggio, adesso può trascorrere all’esterno della stanza dalle 8 alle 10. «Stanno più tempo insieme e si organizzano ai nostri danni», confessa un altro agente. Allarme condiviso anche dal segretario nazionale del Sappe, Donato Capece, il quale sottolinea che «il sistema delle carceri non regge più, è farraginoso. Da quando è stata introdotta nelle carceri la vigilanza dinamica gli eventi critici sono decuplicati». Il quadro è molto pesante. E il Sappe Lombardia già pensa a «incisive forme di protesta volte a garantire il rispetto dei diritti del personale».

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