Terrorismo, Moutaharrik sceglie il rito abbreviato: processo a Milano

Ha chiesto l'abbreviato anche Wafa Koraichi, sorella di Mohamed Koraichi, marocchino di 31 anni che assieme a moglie e figli ha lasciato il Lecchese, per unirsi alle milizie dell'Isis

Il campione di kick Moutaharrik: si ritiene sua moglie abbia incontrato il reclutatore

Il campione di kick Moutaharrik: si ritiene sua moglie abbia incontrato il reclutatore

Milano, 4 ottobre 2016 - Ha scelto il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo sulla pena in caso di condanna, Abderrahim Moutaharrik, 27enne marocchino campione di kickboxing, finito in carcere lo scorso aprile con l'accusa di terrorismo internazionale per presunti legami con l'Isis. La stessa richiesta è stata avanzata dalla moglie, da un'altra presunta terrorista e dovrebbe essere presentata anche da un quarto imputato, anche lui arrestato assieme agli altri. 

Il processo con rito abbreviato si terrà davanti ad un gup a Milano, come prevedono le norme, anche se nelle scorse settimane era stato disposto dal gip il processo con rito immediato, come chiesto dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dai pm Enrico Pavone e Francesco Cajani, fissandolo davanti alla Corte d'Assise di Como, perché sede di Assise anche per Lecco, città dove vivevano il pugile, difeso dal legale Vittorio Platì, e la moglie Salma Bencharki.

Moutaharrik, ribattezzato "il pugile dell'Isis" perchè è un appassionato di thai boxe (era da anni residente a Lecco ma si allenava in una palestra di Lugano) è il personaggio chiave della presunta cellula. Secondo il pm di Milano, Enrico Pavone, e il procuratore aggiunto, Maurizio Romanelli, voleva diventare un "martire di Allah" ed era pronto a farsi esplodere in un luogo simbolo di Roma, in Vaticano o all'ambasciata di Israele. Dalle indagini è emerso come, poco prima dell'arresto, avesse ottenuto una "tazkia", quella sorta di "raccomandazione" necessaria per essere arruolati tra le milizie di Al Baghdadi. A procurargliela sarebbe stato Mohamed Koraici, altro marocchino colpito da un ordine di arresto ma latitante da inizio 2015: a gennaio di quell'anno lasciò Bulciago, paesino in provincia di Lecco dove risiedeva da anni, per raggiungere la Siria insieme alla moglie, Alice Brugnoli (italiana che si è convertita all'Islam con il nome di Aisha), e ai 3 figli della coppia, di 6, 4 e 2 anni. Koraici sarebbe stato l'intermediario tra Moutaharrik e i vertici del Califfato. "Se fai un attentato, è una cosa grande", lo esorta in una delle conversazioni intercettate dagli inquirenti milanesi. Sempre Koraici avrebbe trasmesso al pugile il cosiddetto "poema bomba" scritto da un altro rappresentante del Califfato (probabilmente un principe) con precise istruzioni su come compiere un attentato. In contatto con Koraici era anche sua sorella Wafa: la donna, classe 1992, è da anni residente a Baveno, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore. L'elenco degli imputati si chiude con Abderrhmane Khachia, altro marocchino residente da anni a Brunello, provincia di Varese. Suo fratello, Oussama Khachia, è stato un foreign fighter del Califfato. Fu espulso dall'Italia nel gennaio 2015 per poi morire in Siria, ucciso mentre combatteva per le milizie del Califfato. Ha chiesto l'abbreviato anche Wafa Koraichi  e dovrebbe presentare richiesta di rito alternativo anche Abderrahmane Khachia. 23 anni

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