Expo, «ai tavoli delle idee manca il bio»: l'agricoltura slow cerca la riscossa

Lettera al ministero: fondi a rischio, serve una commissione ad hoc. Uno studio svizzero dimostra: con il biologico i terreni sono più tutelati

Fiera Agri e Slow a Bergamo

Fiera Agri e Slow a Bergamo

Milano, 22 febbraio 2015 - Due settimane fa, all’Expo delle idee organizzato dal governo, sui quarantadue tavoli di lavoro per abbozzare quella che diventerà la carta di Milano, neanche uno era dedicato all’agricoltura biologica. Né a quella biodinamica – 4.500 aziende – la fronda purista. Un boccone amaro per il settore, che cresce di anno in anno e vale il 10% del pil contadino italiano. Pur sempre una minoranza, ma con numeri sufficienti per far sentire la propria voce. «Ci siamo resi conto che rischiavamo di rimanere fuori da Expo – spiega Carlo Triarico, presidente dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica –. In un dibattito sui modelli agricoli mondiali, sarebbe rimasta fuori una delle eccellenze italiane».

Secondo i dati dell’associazione, l’Italia è il terzo Paese europeo per volumi di raccolti da agricoltura biodinamica, dopo Francia e Germania, e la metà dei prodotti viene esportata, in Giappone, Scandinavia e Stati Uniti. Grazie alle tecniche alternative a quelle cosiddette «convenziali», ad esempio, in Egitto Ibrahim Abouleish è riuscito a strappare al deserto cinquemila ettari di terra, convertiti in campi fertili.

Così, a poco più di due mesi dall’inizio della manifestazione, l’agricoltura biologica ha strappato un biglietto per Expo. «Saremo presenti nel parco della bioversità (una delle aree tematiche del sito espositivo, ndr)», spiega Triarico. Inoltre, a giugno, diciotto esperimenti di successo saranno ospiti dell’evento, e «puntiamo a raccontarne altre settecento», aggiunge Filippo Ciantia, direttore del progetto cluster, i padiglioni tematici dell’Esposizione universale. Tuttavia, per gli imprenditori del biologico, il posto al sole a Expo è solo il primo passo di una strategia più complessa e che mira a ben altro obiettivo: il ministero delle Politiche agricole.

Facciamo un passo indietro. Secondo «i regolamenti della commissione europea – osserva Triarico – il 30% dei fondi di sostegno all’agricoltura devono essere destinati a biologico e biodinamico». Ma per il presidente, in Italia la norma rischia di essere aggirata e le risorse annacquate in quelle trasferite al convenzionale. Per questo l’associazione guidata da Triarico ha scritto al ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, per poter discutere l’insediamento di una commissione specifica su biologico e biodinamico, la destinazione puntuale dei fondi e il sostegno a formazione e ricerca nel settore.

«Inoltre, bisognerebbe eliminare la norma europea che consente a un’azienda agricola di praticare sia il convenziale sia il biologico, perché si offre all’imbroglio e impoverisce la qualità», affonda Triarico. La difesa del settore è affidata a uno studio dell’Istituto svizzero sull’agricoltura organica, che ha monitorato per ventun’anni campi coltivati con metodi tradizionali, biologici e biodinamici, dimostrando che gli ultimi due preservano di più il terreno dall’erosione rispetto al primo, richiedono un minore impiego d’acqua e salvaguardano i microbi che arricchiscono gli appezzamenti.

luca.zorloni@ilgiorno.net

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