Si aggrava Dionigi Tettamanzi: Milano vicina al suo arcivescovo

Scola e Delpini ai fedeli: "Pregare per lui in queste ore di prova"

Tettamanzi nell’incontro con i bambini e ragazzi milanesi  a San Siro

Tettamanzi nell’incontro con i bambini e ragazzi milanesi a San Siro

Milano, 5 agosto 2017 - La città si stringe e prega per Dionigi Tettamanzi. Si sono «particolarmente aggravate» le condizioni dell’arcivescovo emerito di Milano, 83 anni, che resse la Diocesi ambrosiana dal 2002 al 2011 succedendo a Carlo Maria Martini. Il bollettino medico definisce le sue condizioni «critiche». È assistito nella Villa Sacro Cuore di Triuggio, in Brianza, la casa di spiritualità della Diocesi dove Tettamanzi si è ritirato dopo la fine del suo mandato. L’ultima sua uscita pubblica risale al 25 marzo, durante la visita di Papa Francesco. Il cardinale costretto sulla sedia a rotelle ma perfettamente lucido volle partecipare alla messa in Duomo. Commovente l’incontro con Papa Francesco che si fermò a lungo a parlargli e a salutarlo privatamente nella sacrestia e poi prima di salire sull’altare.«Invitiamo tutta la comunità diocesana e coloro che lo stimano a pregare per lui in quest’ora di prova», hanno scritto Angelo Scola e Mario Delpini, quest’ultimo nominato dal Papa successore di Scola, nel testo inviato alle 1.100 parrocchie ambrosiane.

Più volte negli ultimi mesi il cardinale Scola è andato a trovarlo. Tettamanzi aveva continuato a dire messa fino a Natale, fino a che un nuovo ricovero al San Raffaele, in maggio, aveva decisamente rallentato ogni sua attività. Con lui, al capezzale, c’è la perpetua Marina che lo segue da una vita ma anche don Davide Milani, portavoce della Curia a partire dagli anni in cui Tettamanzi fu nominato arcivescovo. Tettamanzi nasce a Renate, in provincia di Milano, il 14 marzo 1934, entra all’età di undici anni nel seminario diocesano San Pietro di Seveso, inizia gli studi, completati poi nel seminario di Venegono Inferiore. Lì frequenta anche i corsi istituzionali di Teologia, fino alla Licenza ottenuta nel 1957. Da alcuni anni l’arcivescovo emerito si era ritirato a vita privata nella residenza ecclesiale di Triuggio in Brianza dove portava avanti i suoi studi in campo della bioetica e morale famigliare. E si ricordano diversi suoi interventi, come ad esempio sulla vicenda di Eluana Englaro («Spegnere la vita è uccidere la speranza») su Avvenire: «Vorrei essere discreto, entrando in punta di piedi in una storia umana quanto mai delicata, nella quale il mistero della vita si fa più denso, quasi inaccessibile alla luce della sola ragione, e lancia una sfida formidabile per la libertà di ciascuno di noi» scriveva.

Ma tanti altri sono stati i temi che hanno caratterizzato il suo episcopato, sempre a fianco degli ultimi, degli emarginati, dei poveri, dei rom e degli immigrati. Su questi argomenti non mollava di un centimetro le sue posizioni ma lo faceva seguendo la particolare inclinazione del suo carattere, senza arroganza, con umiltà, con parole e un fare semplice ma concreto. Raccogliere il testimone da Martini non fu cosa facile, ma Tettamanzi ha saputo tracciare una via originale con il suo magistero. In anni in cui a Milano scoppiavano vari problemi, dai migranti alle occupazioni delle case popolari, e nel 2008 la «grande crisi» la cui onda lunga ancora oggi ha lasciato i suoi effetti cambiando completamente il mercato del lavoro. Ebbene, visto che la disoccupazione era il suo «cruccio», s’inventò in quella notte di Natale del 2008 il Fondo famiglia-lavoro. Aveva visto lontano, intuito che non si era, come in passato, davanti ad una crisi passeggera ma strutturale. E per dare un aiuto a chi era stato colpito dalla crisi mise a disposizione un milione di euro.

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