
Quando l’emergenza coronavirus non era neanche immaginabile, hanno scelto di lasciare la casa di riposo al Corvetto, una delle Rsa dove ora è dilagato il contagio, per sperimentare un nuovo modello. Hanno trovato ospitalità nella Casa anziani gestita dalla Comunità di Sant’Egidio in via Mario Bianco, in un’immobile confiscato alla criminalità organizzata concesso in comodato d’uso dal Comune di Milano. Un’isola felice per quattro anziani, tre donne di 94, 89 e 87 anni e un uomo di 79 anni originario dell’Eritrea, dove il contagio non è entrato. "Dimostra ancora una volta la validità di un modello fatto di piccole residenze diffuse sul territorio – spiega Riccardo Mauri, responsabile del progetto – più facili da controllare".
Una battaglia vinta, per ora, anche grazie all’impegno della badante ucraina che segue gli anziani, che da marzo si è messa in quarantena con loro, accettando di dormire nella residenza e di uscire solo per estrema necessità. Stop alle visite dei parenti, con incontri solo in collegamento video grazie all’impegno dei volontari. "Nella fase 2 continueremo ad applicare le misure di sicurezza con rigore perché non è il momento di abbassare la guardia – sottolinea Mauri – valuteremo la situazione da domenica per riaprire gradualmente alle visite esterne". Ha trascorso le settimane del lockdown con gli anziani anche Famara, un 27 originario del Gambia da novembre ospite della struttura dopo aver lasciato il dormitorio comunale di viale Ortles. Pur avendo trovato lavoro come magazziniere nella nuova sede di Uniqlo in piazza Cordusio, e potendo garantire un reddito fisso, nessuno era disposto a fargli sottoscrivere un contratto di affitto. Nei giorni scorsi, però, ha fatto i bagagli: grazie a un collega ha trovato un monolocale in cui trasferirsi, in attesa di tornare al lavoro nella fase 2 dell’emergenza coronavirus.
Famara, dopo Bakari, Tidiane, Bangali e altri migranti accolti nella struttura, ha portato in casa anziani la sua storia, la difficoltà di essere lontano da casa, ma anche la gratitudine di essere accolto in una nuova famiglia. In queste settimane di quarantena, in cui non ha lavorato ed è rimasto a casa, si è dilatato il tempo per stare insieme, condividere racconti, aiutarsi a vicenda. "Lo aspettiamo per festeggiare alla Mario Bianco – spiegano anziani e volontari – con un grande pranzo di festa. quando sarà possibile".
"Gli anziani lo hanno accolto come un figlio – spiega Mauri – quando hanno scelto di seguire questo percorso hanno accettato di aprirsi al mondo, chi ha vissuto la guerra riconosce l’importanza dell’accoglienza".
Andrea Gianni