GIULIO MOLA
Cronaca

Minacce, insulti e aggressioni. Il calcio diventa campo di guerra

Il rapporto: 117 episodi gravi documentati nel corso di una stagione

Il materiale sequestrato a un gruppo di ultras

Il materiale sequestrato a un gruppo di ultras

Milano, 29 ottobre 2016 - Centodiciassette aggressioni in una stagione calcistica. E le vittime sono i primi attori del pallone, i giocatori. Minacciati, picchiati e umiliati, senza distinzione di categoria o di stipendio. Tutto questo non è normale, anzi, #nonènormale, come l’hashtag che l’Associazione Italiana Calciatori ha voluto mandare all’intero movimento. È questo solo uno dei dati inquietanti del terzo rapporto «Calciatori sotto tiro», inchiesta senza censure su come sia complicato fare questo mestiere in Italia (anche nell’apparente oasi felice della Lombardia), dove i tifosi non ti perdonano se perdi, o magari non ti accettano per il colore della pelle. Il tutto amplificato dai social, vera e propria cassa di risonanza non per il tifo genuino ma per il becero gusto di chi vomita insulti, condanne e intimidazioni (l’ultimo caso solo pochi giorni fa quando l’interista Santon ha ricevuto pesanti minacce di morte dopo la sconfitta di Bergamo).

Purtroppo in un anno il dato è più che raddoppiato: nel 2014-2015 i casi erano stati 52, con una preoccupante del calcio dilettantistico e giovanile nei confronti del mondo professionistico, a dimostrazione che il degrado scivola sempre più verso il basso. Un episodio su quattro avviene in serie A, il campionato a più alto tasso di violenza fisica e verbale. Segue la Lega Pro (il 19% dei casi). Solo il 12% dei fatti deprecabili accade in Serie B. E se statistiche e cronache ci dico che ancora una volta è il Sud a vantare il triste primato delle violenze (oltre metà delle volte è in Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna) è anche vero che pure nel Nord Italia il fenomeno è in crescita (del 27%) con fatti avvenuti prevalentemente nei confronti di squadre di A (a Milano, Torino, Udine e Verona) oltre che in Lega Pro (a Varese e Alessandria).

Basta poi, snocciolare alcuni dati per rendersene conto: fra le 17 regioni e le 41 province coinvolte c’è anche la Lombardia e le zone di Milano, Lecco, Como e Varese. Il terreno dello scontro è sempre meno lo stadio e sempre più la piazza, la strada, il centro sportivo o Internet. Nella triste classifica delle «azioni intimidatorie, minacciose e violente contro i calciatori» la Lombardia condivide il 7° posto con la Sardegna (4% dei casi, davanti ci sono Piemonte, Sicilia, Toscana, Campania, Puglia e Lazio). Settima posizione anche per i Daspo, che però sono in diminuzione: da 285 a 169.

«Stiamo portando avanti iniziative sulla responsabilità sociale nelle città del nostro campionato - spiega il presidente della Lega di A, Andrea Abodi -, un programma di educazione e di collaborazione tra i club. La violenza si combatte con l’educazione e la conoscenza. E poi inizia a farsi sentire l’importanza dello Slo, il delegato di ogni società ai rapporti con la tifoseria, una figura chiave copiata dall’estero che in Italia abbiamo inizialmente faticato a capire e che invece ha un ruolo essenziale».

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