Proteggere i minori sul web senza bavagli

Milano, 23 settembre 2016 - L'inferno è lastricato di buone intenzioni, recita un noto proverbio. In effetti, nei mesi scorsi tutte le parti politiche sembravano concordi nel voler approvare al più presto una legge sul cyberbullismo, visto il susseguirsi di casi di suicidio di minori “massacrati” sui social network. Purtroppo, il risultato raggiunto alla Camera appare assai deludente. L’aula di Montecitorio ha approvato un testo di legge diverso da quello uscito dal Senato e peggiore del precedente. Anzitutto viene estesa la platea dei destinatari. Non si parla più soltanto di minori, ma di tutti gli utenti del web. Chiunque, anche adulto, dovesse rintracciare in Rete un contenuto “scomodo” che lo riguarda potrà chiederne l’oscuramento o la rimozione ai gestori del servizio. Qualora questi ultimi non dovessero provvedere celermente, il soggetto interessato potrà rivolgersi al Garante della privacy. Il rischio è che ciascuno di noi, di fronte a critiche o a frasi ritenute lesive del proprio onore o della propria reputazione, anziché adire le vie legali, possa percorrere agevolmente la scorciatoia dell’oblio.  Bene ha fatto chi alla Camera si è astenuto (partiti di centrodestra e Sinistra Italiana) o chi ha votato contro (Cinque Stelle) denunciando il rischio censura. E altrettanto bene ha fatto la senatrice del Pd, Elena Ferrara, che per prima aveva presentato una proposta di legge in tal senso, nella versione approvata a Palazzo Madama e poi stravolta martedì nell’altro ramo del Parlamento, e che ora grida al tradimento. Per fortuna il testo ritorna ora al Senato e ci sarà tempo per rimediare agli errori commessi dai deputati. Peraltro nella nuova versione si insiste molto sui profili punitivi e censori, proprio perché a finire nel mirino non è solo il comportamento dei minori che denigrano i coetanei saccheggiando la loro vita privata e devastando la loro psiche, ma le condotte di quanti, nel libero esercizio del diritto di critica, dovessero pubblicare contenuti considerati da qualcuno lesivi.

Le storie tragiche di chi, anche una volta raggiunta la maggiore età, non trova altra strada che quella di togliersi la vita per sfuggire alla gogna mediatica hanno influenzato il legislatore, inducendolo a trascurare quella che è la vera sfida sul terreno della protezione dei diritti individuali in Rete: quella della prevenzione. L’educazione scolastica per aumentare nelle nuove generazioni la consapevolezza dei rischi della Rete era centrale nel testo di legge presentato inizialmente dalla senatrice Ferrara e ora risulta diluito in un contenitore di prescrizioni riguardanti tutti gli utenti del web, non solo i minori. È vero che il nuovo testo introduce la figura del “docente anti-bulli”, ma in un contesto in cui risulta prevalente l’impronta repressiva, non quella della sensibilizzazione. E le dotazioni finanziarie per le scuole appaiono risibili. Non è così che si combatte il cyberbullismo. *Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano

 

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