Morto a 18 mesi per una polmonite: medico a processo. Visitò il bimbo solo al telefono

Una tragedia. Una fatalità. O forse no. Forse una morte che si sarebbe potuto evitare. Ora sarà il tribunale a dover decidere se il medico è colpevole di omicidio colposo di Mario Consani

Un bambino di pochi mesi in ospedale

Un bambino di pochi mesi in ospedale

Milano, 10 novembre 2014 - Aveva appena un anno e mezzo, quel bimbo. Se ne andò in due ore, quando il peggio sembrava passato. La febbre era scesa, il nasino più aperto: ma era solo un’illusione. L’influenza aveva lasciato spazio a una polmonite fulminante, che se lo prese in un attimo. Una tragedia. Una fatalità. O forse no. Forse una morte che si sarebbe potuto evitare. La pediatra di famiglia si accontentò di visitarlo al telefono. Se l’avesse visto di persona, forse avrebbe capito. Ora sarà il tribunale a dover decidere se il medico è colpevole di omicidio colposo.

Una vicenda dolorosa, difficile da ripercorrere anche in un’aula di giustizia. Luca (nome di fantasia) aveva 18 mesi e una sorellina gemella. Quando gli venne la febbre, a inizio dicembre di tre anni fa, nessuno si allarmò in famiglia. Ce n’era tanta di influenza in giro in quei giorni... Luca giocava come al solito, ma quando la temperatura salì fino a 39 gradi e non accenava a scendere nonostante la tachipirina, la mamma si preoccupò un po’ e chiamò al telefono la pediatra di base, la dottoressa M.T.O., oggi 59 anni. Un medico di esperienza, che di bimbi influenzati chissà quanti ne aveva visti. «Signora non si preoccupi, diamogli l’antibiotico e vediamo come va». Più che influenza - stabiliranno in seguito i medici legali - era un’infezione alla vie respiratorie.

Questo succedeva il 5 dicembre. Il giorno dopo in effetti la febbre era scesa. Anzi, lo sbalzo poteva sembrare addirittura strano, perché dai 39 abbondanti di prima, ora il termometro si fermava appena sopra i 36 gradi: e tutto in meno di 24 ore. Altro elemento spuntato a sorpresa: piccole macchioline su tutto il corpo del bambino Chissà cosa poteva essere. La mamma di Luca ovviamente riprese il telefono e riparlò con la dottoressa. E anche stavolta il medico non si fece cogliere da alcun sospetto, non ebbe il minimo dubbio nella sua diagnosi telefonica, probabilmente non le passò nemmeno lontanamente, per la testa, l’idea di una visita a domicilio per quel piccolino. Così si limitò a suggerire di insistere nella somministrazione dell’antibiotico, che avrebbe certamente fatto effetto. La rapida discesa della febbre, del resto, era un segnale positivo.

Purtroppo non andò così. L’ultima chiamata alla pediatra fu poco prima delle 18. Dopo le 20, Luca era già volato in cielo sprofondando nella disperazione la sua famiglia e tutte le persone che gli volevano bene. Il pm Tiziana Siciliano, che ha citato a giudizio la dottoressa O., ora la accusa di omicidio colposo per non aver visitato il bambino di persona e non aver capito, perciò, la gravità dell’infezione polmonare che lo uccise.

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