Bambina morta, il dolore e lo choc: "Perché non hanno chiesto aiuto?"

L’amaro risveglio di Primaticcio. I vicini: i servizi sociali non sapevano di Anna Giorgi

Il padre della bambina di nove mesi (Newpress)

Il padre della bambina di nove mesi (Newpress)

Milano, 28 febbraio 2015 - «Era mezzanotte quando abbiamo sentito arrivare l’ambulanza. Abbiamo visto anche la polizia, abbiamo pensato a qualcosa di brutto, ma non che fosse morta la bambina». Edith e Paul Santos abitano nel condominio giallo di via Severoli da dieci anni e conoscono bene la coppia, Marco e Beatrice (lui 40, lei 35), che da poco sono diventati genitori. «Persone semplici, dignitose, che amavano molto la loro bimba. L’avevano voluta, “siamo innamorati” dicevano sempre, e questa bimba l’avevano cercata, anche se nessuno dei due aveva mai lavorato. Erano mantenuti dai parenti – raccontano ancora Edith e Paul –, ma la casa era di proprietà. Se la cavavano come potevano». Quella coppia con la bimba, sempre al bar, se la ricorda bene anche Saverio La Rotonda: «Sì, li aiutavano tutti all’ Internazionale. Si presentavano all’ora di pranzo e qualcuno disposto ad aiutare loro e la bimba lo trovavano sempre».

Lui chiedeva le sigarette, lei se «avevano un po’ di latte», aggiungono altri clienti del locale gestito da due giovanissime cinesi. «Lui è venuto anche stamattina (ieri per chi legge, ndr) a prendere il caffè, sapevamo della bimba morta, ma non abbiamo avuto il coraggio di chiedergli nulla». Eppure nel quartiere più di una persona si chiede come mai la coppia non si fosse rivolta alla parrocchia di Primaticcio. «Ci sono tante ragazze madri che vengono sostenute economicamente dai volontari della parrocchia – dice Gaetano Mizzitelli –, avrebbero sicuramente aiutato anche loro che non avevano lavoro». La pensa così anche Silvia Imperiali: «Sarebbe bastato un aiuto in più, anche un sostegno da parte dei servizi sociali». Intanto la Procura ha aperto un fascicolo, al momento senza indagati e senza un’ipotesi di reato precisa.

L'inchiesta è coordinata dal procuratore aggiunto Pietro Forno e dal pm Cristian Barilli. L’accusa potrebbe essere omicidio colposo o morte come conseguenza di un altro reato. Gli investigatori hanno ascoltato a lungo i genitori, gli amici, i parenti e i vicini dicasa della coppia per ricostruire la situazione familiare in cui viveva la bambina. C’è un elemento agli atti, che sembra avvalorare il quadro generale di incuria e presunta negligenza. Il 2 febbraio la bimba aveva la febbre alta, 38.5, non le passava, così la mamma l’aveva portata al San Carlo. Ma non aveva aspettato il turno della visita, se ne era andata prima, e non risulta che si sia poi rivolta al medico di base.

La coppia non era seguita dai servizi sociali, come ha comunicato l’assessore comunale alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, esprimendo «profonda tristezza per quanto accaduto. I genitori della piccola, probabilmente in grande difficoltà, non avevano mai chiesto aiuto ai nostri servizi sociali, né erano stati segnalati da nessuno. Un fatto che ci fa sentire ancora più impotenti di fronte a quanto accaduto e che ci spinge a invitare chiunque conosca situazioni di questo tipo a chiamare subito i servizi sociali del Comune». Majorino poi lancia un appello: «Non bisogna avere timore di chiedere aiuto per sé e per gli altri, superando i limiti della riservatezza. I nostri centri sono numerosi e in tutti i quartieri sono stati potenziati proprio nei servizi per le famiglie con disagio sociale».

di Anna Giorgi

anna.giorgi@ilgiorno.net

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro