Onida a Lodi per parlare del referendum

Il presidente emerito della Corte Costituzionale venerdì pomeriggio era ospite in città

Il costituzionalista Valerio Onida

Il costituzionalista Valerio Onida

Lodi, 25 giugno 2016 - "Non si può rimandare alla modifica delle legge costituzionale le risposte che attendiamo dalla politica". Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, venerdì pomeriggio a Lodi, dopo aver ricostruito i passaggi storici della nascita della nostra 'Carta', ha risposto ai molti interrogativi del folto pubblico, accorso al Verri per la conferenza promossa dall'Anpi del Lodigiano (presieduto da Isa Ottobelli) con lo scopo di farsi un'idea di cosa accadrà con il referendum di ottobre.

Ha raccontato: "Abbiamo un sistema parlamentare e un governo, per definizione, ha i voti per portare avanti le leggi in Parlamento. Se il governo non riesce ad esprimere una vera maggioranza o questa è troppo litigiosa, l'impedimento è politico, non dello strumento costituzionale. Non è vero che con il sistema bicamerale, creato a garanzia per evitare che venissero adottati provvedimenti sull'onda dell'emotività, ci vogliono secoli per approvare una legge. Di leggi ce ne sono fin troppe, con articoli e mille commi, frutto di maggioranze deboli. E si arriva al governo che pone la fiducia su maxi emendamenti votati alla cieca".

Sul legame tra referendum costituzionale e legge elettorale, Onida ha aggiunto: "L'Italicum (approvato nel maggio 2015, entrerà in vigore l'1 luglio, ndr) non c'entra con la riforma costituzionale in sè, dato che le leggi elettorali sono leggi ordinarie già modificate più volte, ma viene collegato politicamente perché prevede che ci sia solo una camera elettiva (il Senato sarebbe a elezioni indiretta) e con premio di maggioranza con soglia al 40%: se nessun partito la supera al primo turno, c'è il ballottaggio tra le due liste con più voti e chi vince ottiene in premio il 54% dei seggi. Sono fondamentalmete critico su questa legge. In Italia, oggi, abbiamo almeno 3 partiti delle stesse dimensioni, centrosinistra, centrodestra e M5s: premiare chi ha una maggioranza minima nel paese per garantire la governabilità è un po' troppo; sarebbe più giusto promuovere una coalizione tra partiti affini, con uno sbarramento in ingresso del 5% come in Germania, al fine di evitare mille frazionamenti. Ancora una volta però lo ripeto: non è un problema costituzionale ma politico: l'Italia è troppo divisa"