Morto perché non c’era il guard rail. La madre perde la causa e la casa

Lo schianto sulla superstrada: dopo la sentenza il pignoramento di Anas di STEFANO CASSINELLI

Nadia Ciappesoni Girotti  dal 1999 ogni giorno fa visita  alla tomba del figlio

Nadia Ciappesoni Girotti dal 1999 ogni giorno fa visita alla tomba del figlio

Lecco, 20 aprile 2016 - La vita di Diego Girotti si interruppe la mattina del 7 luglio 1999 sulla Superstrada 36 una delle strade più pericolose d’Italia. Il 19enne precipitò da un cavalcavia mentre da Colico andava verso Lecco a bordo della sua Fiat Uno per iniziare il turno di lavoro come muratore. Non si è mai compresa l’origine dell’incidente, certo è che solo grazie a un camionista che viaggiava nella carreggiata opposta e vide l’auto precipitare, si seppe dell’accaduto. Il veicolo cadde da un cavalcavia senza protezioni per un centinaio di metri finendo in una vallata boscosa e senza quel testimone nessuno avrebbe cercato in quel punto. Da quel giorno iniziò il calvario e la battaglia della mamma di Diego che ottenne la costruzione del guard rail da parte di Anas ma non è riuscita a ottenere quella che lei considera giustizia. 

Colico, 20 aprile 2016 - In una mano i fiori appena tolti dalla tomba del figlio Diego, nell’altra le carte dell’ennesima beffa ovvero il pignoramento di una casa ottenuto da Anas per la copertura delle spese legali. Incontriamo così Nadia Ciappesoni mentre esce dal cimitero di Colico dove ogni giorno fa visita alla tomba del figlio dal 1999. «Oggi ho raccontato a Diego cosa è successo - spiega mamma coraggio, un appellativo che le fu dato quando diede il via alla battaglia per chiedere ad Anas di mettere il guard rail sulla Superstrada - perché è incredibile. Oltre al danno la beffa, siamo stati rovinati dalla battaglia legale e ora Anas infierisce ancora. Non è bastato portarmi via Diego, ora vogliono portarci via anche i beni di famiglia».

I fogli nell’enorme faldone sono tanti, ma quelli che sembrano far più male sono quelli giunti in mattinata con l’atto di pignoramento. «Vogliono oltre 12mila euro - dice con una calma carica di amarezza Nadia Ciappesoni - non li abbiamo e quindi ci La provocatoria battaglia con un guard rail umanovogliono pignorare la baita di famiglia. Non sto a sindacare sulla legge, ormai ho perso le speranze di poter trovare giustizia in questo Paese, ma mi chiedo con quale dignità anche Anas mi chieda i soldi per pagare il loro avvocato quando gli atti dicono che se ci fosse stato il guard rail Diego non sarebbe morto». La Ciappesoni va oltre la sentenza e ricorda che «i giudici non hanno tenuto conto di quello che il perito nominato dal tribunale stesso ha dichiarato nella sua perizia». Di fatto il Ctu del tribunale Antonio Porro nella perizia scriveva: «Vista la particolare conformazione dei luoghi, secondo le tecniche di buona costruzione sarebbe stato necessario posizionare una barriera nel tratto di strada in cui è avvenuto il sinistro».

Ma il perito è andato oltre scrivendo che «la presenza di una barriera avrebbe impedito all’auto condotta dal Girotti di sviare, dandogli la possibilità di avere salva la vita». Ma mamma coraggio non intende mollare e afferma: «Vogliono annichilirmi, portarmi via anche la casa pur di togliermi ogni voce. Ma non finisce qui, sono una mamma a cui hanno tolto il figlio che andava a lavorare non mi possono togliere nulla in più di questo. È morto perché qualcuno non ha messo un guard rail che una volta posizionato ha salvato la vita a una donna in un incidente identico a quello di Diego. Dico che non mi fermo. Troverò i soldi per pagare e poi andrò avanti».

Per Nadia Ciappesoni Girotti andare avanti significa la Corte europea di Straburgo per i diritti dell’uomo: «Perché il diritto di mio figlio di vivere è stato negato, una volta morto mi sono trovata a dover combattere contro un sistema gigantesco che fino ad ora mi ha sconfitto. Ma troverò qualcuno che mi aiuterà ad arrivare a Strasburgo per poter far vincere la verità».