Straordinari negati agli infermieri di Merate, il caposala: li ho pagati di tasca mia

Col premio di produzione ha ricaricato i telefoni dei colleghi

Francesco Scorzelli

Francesco Scorzelli

Merate, 13 agosto 2017 - Caposala e sindacalista, ma soprattutto un uomo di parola. Francesco Scorzelli, 59 anni, coordinatore infermieristico del Pronto soccorso dell’ospedale pubblico San Leopoldo Mandic di Merate, provincia di Lecco, rappresentante della Rsu e funzionario dell’Usb, ha pagato di tasca propria, con circa 450 euro in ricariche telefoniche, gli straordinari non retribuiti ai ‘suoi’ infermieri, che hanno rinunciato a ferie e riposi per sostituire l’improvvisa assenza di due colleghe. Per regalare le tessere del cellulare ha devoluto la metà del premio di produttività. Ci riassuma la vicenda. «A gennaio due infermiere sono rimaste assenti in maternità. Per coprire i turni ho dovuto chiedere ad altri colleghi di rientrare subito in servizio. È stato concordato con i diretti superiori di riconoscere loro una sorta di pagamento extra per la pronta disponibilità immmediata». Quanti infermieri sono rientrati in servizio? "Sette, sia del Pronto soccorso, sia di altri reparti, sia dell’ospedale Alessandro Manzoni di Lecco che fa parte della stessa Asst, l’Azienda socio-sanitaria territoriale. Hanno coperto 8 turni che altrimenti sarebbero rimasti sguarniti, con gravi ripercussioni sull’assistenza ai pazienti». Quanto avrebbero dovuto percepire in più? «Dai 50 ai 70 euro lordi ciascuno, una miseria per rinunciare a riposi, ferie e al giorno libero senza preavviso». Perché i soldi alla fine non sono stati loro riconosciuti?  «La formula della pronta disponibilità forse non era la più corretta, ma i nostri dirigenti avrebbero allora dovuto trovare altre soluzioni, invece si sono rifiutati, nonostante i ripetuti solleciti». E allora è intervenuto lei... «Non potevo rimanere indifferente di fronte alle ingiustizie verso i lavoratori. Inoltre io mi sono reso garante di un accordo che non è stato rispettato, quindi ho ritenuto giusto provvedere di tasca mia. Ho spiegato ai colleghi che non si è trattato di una questua, non mi sarei mai permesso, ma di un mio ringraziamento per la disponibilità che hanno garantito». Perché ha regalato delle ricariche telefoniche invece che soldi? «Dare loro soldi credo sarebbe stato un reato ma soprattutto un gesto di pessimo gusto e una mancanza di rispetto. I miei infermieri non hanno bisogno di elemosina». È vero che ha utilizzato buona parte del suo premio di produttività? «Sì. Se mi hanno riconosciuto un premio di produttività in base agli obiettivi che ho raggiunto come caposala è anche grazie a loro, ai miei infermieri che sono sempre disponibili verso i pazienti e le esigenze organizzative del reparto. Penso sia giusto condividere il premio proprio con loro». Nel 2014 lei aveva già restituito la gratifica per comperare un defibrillatore per il Pronto soccorso. «È così, aspettavamo un defibrillatore nuovo da 4 anni. È costato molto di più dei soldi che ho reso, ma alla fine è stato comprato».