Embargo dalla Russia, a rischio 123 milioni di euro di export lombardo

Nel primo trimestre del 2014 gli affari con la Russia hanno fatto incassare alle aziende lombarde del comparto agroalimentare 29 milioni di euro.

Vladimir Putin (Afp)

Vladimir Putin (Afp)

Milano, 8 agosto 2014 - Quanto costeranno alla Lombardia le ritorsioni di Mosca alle sanzioni imposte dall’Unione europea per il conflitto in Ucraina? Ammonta a 123 milioni di euro il valore delle esportazioni di cibo lombardo in Russia nel 2013, secondo le stime sviluppate dalla Coldiretti regionale sulla base dei dati della Camera di commercio di Milano, per provare a fare il conto di quanto potrebbe pesare l’embargo del Cremlino. L’anno scorso è cresciuto del 19 per cento rispetto al risultato dal 2012, con una buona percentuale sui 706 milioni di euro totalizzati a livello nazionale, e nel primo trimestre del 2014 gli affari con la Russia hanno fatto incassare alle aziende lombarde del comparto agroalimentare 29 milioni di euro. 

Analizzando le singole voci — spiega la Coldiretti Lombardia — in tutto il 2013 il valore delle esportazioni di cereali e preparazioni a base di cereali dalla Lombardia alla Russia ha superato i 23 milioni di euro, seguiti dai quasi 20 milioni di euro per prodotti lattiero-caseari e uova e dai 17,5 milioni di euro del settore dell’alimentazione per animali. Al quarto posto l’industria del beveraggio, che ha fatto affari per 16 milioni e 791 mila euro. Milano è la provincia che esporta di più verso Mosca: solo nei primi tre mesi del 2014 il valore dell’export in Russia ha superato i 18 milioni di euro, mentre se si considera il 2013 ha sfiorato i 69 milioni di euro, più della metà del volume d’affari messo in moto dall’intera Lombardia. Al secondo posto c’è Brescia con più di 15 milioni di euro, poi Mantova con oltre 13 milioni di euro e Lecco con 7 milioni e 300 mila euro. 

Le nuove misure restrittive annunciate fanno seguito a un altro scontro commerciale tra Russia e Ue: la cosiddetta «guerra dei prosciutti». Mosca ha già chiuso le frontiere all’export europeo di maiali, carni e insaccati in violazione delle regole sugli scambi alla Wto di cui è membro dal 2012, prendendo a pretesto la scoperta a fine gennaio di casi di peste suina africana in alcuni cinghiali in Lituania e Polonia.