Monza, ecco i capolavori che Vivian Maier creò ma non vide mai

In mostra cento opere “postume”

Audrey Hepburn alla premiere di My Fair Lady

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Monza, 8 ottobre 2016 - «È molto simile a un poeta che sta cercando di osservare qualcosa con grande attenzione per motivi personali. Cerca di vedere il mondo, localizza quello che per lei è importante, cosa le interessa... e la cattura in una fotografia». È il gallerista newyorkese Steven Kasher ad aver provato a dare una definizione dell’attività creativa di Vivian Maier, fotografa “anomala”, oggi considerata uno dei casi più eccezionali dell’arte mondiale degli ultimi anni. È l’esperienza straordinaria della “bambinaia-fotografa”: la ragazza, nata a New York nel 1926 da una famiglia modesta, non segue alcun percorso di studi particolare, ma nel 1948 compra una modesta Kodak Brownie e inizia per diletto a scattare fotografie. Per guadagnarsi da vivere, intanto, comincia a fare la tata di diverse famiglie. Due attività che porterà avanti in parallelo fino a tarda età e senza alcun riconoscimento, tanto da ridursi negli anni Novanta alla povertà e a morire nel 2009 in solitudine a seguito di una rovinosa caduta su una lastra di ghiaccio a Chicago.

Ma finché ha potuto Vivian ha speso tutti i suoi risparmi in rullini fotografici, circa uno al giorno a partire dagli anni ’50, arrivando ad accumulare oltre 120.000 negativi, talmente tanti che per la maggior parte non li ha mai potuti sviluppare e quindi non ha neppure potuto vedere il risultato dei suoi scatti. Un archivio andato all’asta negli ultimi anni della sua vita per recuperare denaro e in buona parte acquistato per caso nel 2007 da John Maloof, un agente immobiliare rimasto affascinato dal lavoro di questa strana e ormai anziana fotografa. E che senza saperlo ha comprato un tesoro. Si è incominciato a capire il valore artistico contenuto in quei rullini dopo la morte di Vivian ma, da allora, non si sono mai esauriti la curiosità e il fascino del lavoro della “bambinaia-fotografa” che ha passato tutta la vita sola, a osservare gli altri in giro per le strade con una macchina fotografica in mano. Una fama artistica che in meno di un decennio è cresciuta nel panorama mondiale e ha portato a rendere gli allestimenti degli scatti sviluppati di Vivian Maier tra le esposizioni fotografiche più richieste.

L'ultima inizia oggi a Monza, promossa dal Comune e organizzata da ViDi, con il titolo “Vivian Maier. Nelle sue mani”. E «in questi giorni sono tante le città invidiose di Monza – commentava ieri alla presentazione la curatrice Anne Morin – perché sono molte quelle che attendono e richiedono di poter ospitare una mostra di Vivian Maier. Vedere le sue foto è un’esperienza straordinaria e strana perché, come nelle oltre 100 scelte per Monza, nessuna è mai stata vista da lei. Provengono da rullini sviluppati solo dopo la sua morte». All’Arengario sono esposti 107 scatti divisi in tre tematiche: l’infanzia, scene di strada e autoritratti, assieme anche a 9 film girati in «Super-8» dalla stessa Maier.

“Vivian Maier - Nelle sue mani”, fino all’8 gennaio nella sala espositiva dell’Arengario, piazza Roma, Monza.