Pier Paolo Pasolini e la morte di Enrico Mattei nel manoscritto di Petrolio

La cronaca e il romanzo si intrecciano nell’opera postuma dello scrittore, mentre incognite e ricostruzioni circondano il capitolo mancante sulle ombre di un’Italia sovversiva “Lampi sull’Eni”

«Caro Alberto, ti mando questo manoscritto perché tu mi dia un consiglio. (...) Questo romanzo non serve più molto alla mia vita, non è un proclama, ehi, gli uomini! io esisto, ma il preambolo di un testamento, la testimonianza di quel poco di sapere che uno ha accumulato, ed è completamente diverso da quello che gli si immaginava! Tuo Pier Paolo».

È un brano della lettera che Pasolini invia ad Alberto Moravia insieme alla bozza di “Petrolio”, il suo libro incompiuto al quale lavora incessantemente dal 1960 fino alla morte il 2 novembre 1975, e uscito postumo solo nel 1992. È il suo testo forse più celebre, considerato profetico sulle derive del potere, dove la cronaca di un percorso iniziatico si intreccia al romanzo-verità sulla morte del presidente dell’Eni Enrico Mattei, vittima di un incidente aereo il 27 ottobre 1962. Un libro che ancor oggi è lì, come un macigno, a pesare sulla coscienza collettiva, insieme ai tanti misteri italiani mai risolti.

Pier Paolo Pasolini e lo schema di Petrolio che indica Cefis
Pier Paolo Pasolini e lo schema di Petrolio che indica Cefis

Quelle centinaia e centinaia di pagine, battute a macchina con un’Olivetti Lettera 22, sono custodite dal Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze, insieme a tutto il fondo pasoliniano che Graziella Chiarcossi, cugina ed erede di Pier Paolo, ha lasciato in deposito alla prestigiosa e storica istituzione letteraria fiorentina.

Un “faldone” di fogli con lunghi brani dattiloscritti che si alternano ad appunti scritti a mano, sottolineature, parentesi, rimandi, note, punti interrogativi, asterischi, date e cerchiature. Un risiko di nomi, dinastie, incognite, certezze, ricostruzioni, sullo sfondo di scalate al potere e l’avvento di parole come “multinazionali”.

La direttrice del Vieusseux, Gloria Manghetti, ci consente di guardarlo, come una reliquia, e di vedere lo sforzo e il desiderio mai paghi di un pensiero che si avviluppa come una spirale, torna indietro, avanza, si arresta per poi ripartire, mescolando la finzione del romanzo alle verità della cronaca. Chi vuole faccia la fatica di capire. Lui ne ha fatta tanta.

«Osservando quelle pagine si capisce la grande inquietudine che lo ha sempre caratterizzato – spiega Gloria Manghetti – e quella vena inesauribile a cui si dedicava con dedizione e passione. Si vede che il suo era un lavoro quotidiano, nonostante la sua vita così complessa e movimentata, è evidente l’assiduità nel porsi di fronte alla sua scrivania, quasi come un dovere, con disciplina».

Fra i tanti misteri di “Petrolio”, il capitolo scomparso, forse trafugato dall’abitazione di Pasolini subito dopo l’uccisione all’idroscalo di Ostia, e poi riapparso secondo quanto raccontò Marcello dell’Utri. Nel 2010 fu l'allora senatore del Partito della Libertà, noto appassionato di libri, a sostenere di essere in possesso di quelle pagine, che avrebbero aggiunto nuovi particolari e documenti a sostegno della teoria pasoliniana sull’omicidio di Mattei: forse il racconto di ulteriori ricostruzioni sul ruolo di Eugenio Cefis, all’epoca vicepresidente dell’azienda petrolifera?

«Se quel capitolo esiste non è mai arrivato insieme al fondo di Pasolini», prosegue la direttrice del Vieusseux. «Ci sono molti dubbi sulla sua esistenza e l’erede Graziella Chiarcossi ha sempre sostenuto che non sia mai stato scritto».

Insieme a Petrolio è arrivata invece a Firenze la biblioteca di Pasolini e persino molta mobilia, compreso il salottino della sua casa romana, con i divani in velluto azzurro che l’intellettuale aveva acquistato per girare una delle ultime scene di “Salò”. Sul tavolino da fumo, c’è anche la sua Olivetti Lettera 22, sulla quale ha scritto gran parte della sua immensa produzione letteraria, teatrale, cinematografica. Di fronte i dischi, per lo più di musica classica conservati nel porta vinili che gli aveva regalato Elsa Morante. Incartati e pronti per partire verso le prossime mostre di Roma, anche dipinti, chine, foto e disegni, a documentare la sua infinita vena creativa e sensibilità artistica a cui si è dedicato per anni. Il tutto in una sorta di capsula del tempo che restituisce l’atmosfera intima e domestica di PPP, intellettuale eclettico e divergente, moderno profeta col quale, a cent’anni dalla sua nascita, dobbiamo ancora fare i conti con la lucidità del suo pensiero. Comprese le “verità” di Petrolio sulla morte di Enrico Mattei.