“Faccio rap ma sono rock”. Ecco "Il Nirvana", il nuovo album di Jamil

Il disco di Jamil ha esordito nella top 10 della classifica FIMI. Nessun filtro, 17 tracce da gustare in un fiato solo e collaborazioni ben selezionate ma per niente scontate. I nomi? Vacca, Emis Killa, Mondo Marcio e Karkadan di Francesca Nera

Il rapper Jamil

Il rapper Jamil

Milano, 8 ottobre 2014 – Classificare Jamil è una bella impresa. Il suo album d’esordio è fuorviante fin dal titolo: "Il Nirvana". Niente di più rock per uno che fa rap. Una sola certezza: ascoltando questo disco avrete la sensazione di non essere presi in giro. Forse è proprio in quell’eccesso di realismo la chiave del successo di cui gode il giovane artista che ha scelto come mentore una pietra miliare dell’hip hop alternativo come Vacca. Nessun filtro, 17 tracce da gustare in un fiato solo e collaborazioni ben selezionate ma per niente scontate. Nel disco, uscito per Produzioni Oblio e Universal Music, risuonano nientemeno che le rime di Emis Killa, Mondo Marcio, Karkadan e, ovviamente, Vacca. Un lavoro sofisticato, nato già più che maturo ma in grado di sorprendere ad ogni ascolto.

“Ho passato tutto il giorno a fumare marijuana, per questo che il mio disco l’ho chiamato Nirvana”. E’ davvero come dici nella canzone? “In realtà sì anche se è altrettanto vero che passo tutto il giorno come i Nirvana. Il titolo dell’album si riferisce a uno dei miei gruppi preferiti e a quello stato di pace dei sensi che si può raggiungere attraverso la musica”.

Non nascondi mai un certo astio per i colleghi. In “Volevo solo” dici addirittura “a me sti rapper mi fanno schifo…”. E’ proprio così? “Questo è sicuro. Non ho rapporti con la maggior parte degli artisti della scena e quei pochi che ho sentito non mi piacciono. Detesto soprattutto il loro atteggiamento e la piega che oggi ha preso il rap. Purtroppo questo genere ha perso ogni credibilità. Ormai i rapper parlano di cose mai viste né vissute. Già le basi vengono realizzate al computer, senza strumenti, se poi i testi non raccontano nemmeno cose autentiche è la fine. Nelle mie canzoni invece è tutto vero: niente politica, attualità o vita di strada. Io parlo solo di me stesso, un ragazzo di 23 anni”.

Il rapper Jamil presenta l'album "Il Nirvana"

Però nel video di “King del Bong” compaiono quasi tutti gli artisti che citi. Come mai? “Se fai rap prima o poi ci si incontra. In un anno in giro con Vacca sono entrato in contatto un po’ tutti gli artisti della scena hip hop ma nulla che fosse mai andato oltre ad una semplice chiacchierata. Gli amici degli altri non devono essere per forza miei amici. Però tutte le rime del pezzo sono autentiche ed è vero che a ogni serata e in ogni backstage giravo con il mio Bong sotto braccio. E’ questo il motivo per cui tutti si sono prestati a comparire nel video. Sanno benissimo che si tratta di cose successe realmente. Per dire di essere il ‘king’ devi essere riconosciuto come tale dagli altri e per alcuni ragazzini vedere le facce dei loro idoli è semplicemente una conferma di ciò di cui parlo nel testo della canzone”.

Vacca, Emis Killa, Mondo Marcio e Karkadan. Le collaborazioni sono estremamente selezionate… “Ho scelto appositamente poche ma sentite collaborazioni, realizzando i miei featuring solo con artisti che stimo sia a livello personale, che professionale. Quando vivevo a Milano, oltre a Vacca, ho frequentato moltissimo Karkadan: per me è un vero amico. Anche con Mondo Marcio ho uno splendido rapporto. L’ho conosciuto tramite AER, il produttore che ha confezionato la base di ‘King del Bong’, che lavora nel suo stesso studio”.

“Il mio manager risponde quando sto nei guai, per me lui è un padre credo questo lo sai…”. Com’è nato invece l’intenso rapporto con Vacca? “Fra di noi c’è stata subito una grandissima intesa. Lui mi ha capito. Vacca sa esattamente quello che voglio e mi guida in quella direzione ma al tempo stesso mi lascia fare a modo mio. Diciamo che mi fornisce gli strumenti necessari per orientarmi nel modo della musica dandomi i consigli giusti su come ci si comporta”.

E con Emis? L’accoppiata Jamil-Emis Killa può suonare un po’ strana? “A me suona molto più strano fare canzoni con gente di 35 anni che parla di una vita vissuta in strada quando invece ha una bella villa e un macchinone parcheggiato in garage. Emis Killa non si è mai inventato nulla. Nei suoi testi parla di ciò che consce e di quello che vive ogni giorno. E’ una persona autentica e lo considero un amico”.

Il rapper Jamil

Il disco sembra parlare un linguaggio comprensibile sia al mondo mainstream che a quello underground. In quale dimensione ti collochi? “In nessuna delle due. Essere underground non significa essere scarsi o dei falliti. Vuol dire semplicemente autoprodursi. Quando ho iniziato col rap comprai una telecamera per girare i video: dai testi alle musiche facevo tutto da solo. Inevitabilmente appartenevo al mondo dell’underground. Oggi le cose sono un po’ cambiate ma non mi reputo nemmeno mainstream anche perché i suoni del disco non lo sono affatto”.

A proposito di suoni... hardcore e rock fanno da padroni. Il giro di chitarra elettrica nel brano “La Quarta J” sembra esserne l’emblema. “E’ sicuro. Voglio accostarmi al rock il più possibile. Il mio modello sono proprio i Nirvana e le tre ‘J’: Janis Joplin, Jimi Hendrix e Jim Morrison. Tutti e tre sono anime rock, tutti e tre i nomi di battesimo iniziano con la lettera ‘J’ e tutti e tre sono morti a 27 anni. Io mi sento uno di loro, la ‘Quarta J’ appunto”.

23 anni e un album ufficiale che si è piazzato subito al numero 9 della classifica FIMI. Lo immaginavi così il tuo esordio? “Non me lo immaginavo esattamente così ma sapevo che il disco era forte. Mi ci sono dedicato anima e corpo senza lasciare nulla al caso: posso dire di avercela messa tutta”.

Sei reduce da un lungo instore tour nelle maggiori città italiane. Che riscontro hai avuto nel confrontarti con i fan? “Con me c’era anche Vacca e per entrambi il feedback è stato più che positivo. Vedere tante persone acquistare il disco e venire agli incontri è un grandissimo onore. Per il resto ci siamo prestati volentieri per foto e autografi. Dopotutto io e Vacca siamo persone coi piedi per terra. Gli atteggiamenti da star non fanno per noi”.

E a Milano com’è andata? So che hai vissuto qui… “Anche a Milano è andata alla grande. Per qualche anno ho abitato in viale Monza ma poi ho scelto di tornare nella mia Verona, dove sono cresciuto e dove ho ancora molti amici. Milano è un po’ il quartier generale del rap italiano perciò è facile cadere in quel ‘circolo vizioso’ dal quale voglio tenermi alla larga. Ma devo ammettere che vivere qui è stato come partecipare a un rave party continuo. Una sorta di festa nella jungla".

francesca.nera@ilgiorno.net