"Ci siamo presi noi il 70% di Expo": il senso per gli affari della ’ndrangheta

Milano, i clan all’assalto dei Padiglioni. Sequestrati beni per 15 milioni

I cantieri Expo in un'immagine di repertorio

I cantieri Expo in un'immagine di repertorio

Milano, 25 ottobre 2016 - Le mani della ’ndrangheta su Expo 2015. Per la Dda di Reggio Calabria ora non è più un sospetto ma un’accusa. Tre settimane fa era toccato alla procura milanese chiedere e ottenere gli arresti per un gruppo di 14 tra manager e imprenditori calabro-lombardi accusati di corruzione per vari subappalti di lavori in Lombardia, Expo compreso. Ora per alcuni di quegli indagati scatta anche l’accusa di associazione mafiosa. Stando all’informativa della Guardia di Finanza Di Locri, con il subappalto ottenuto dalla società Viridia coop. esecutrice di Co.ve.co, il gruppo avrebbe «eseguito buona parte (il 70% dirà al telefono uno dei prestanome, Ndr) dei lavori sul sito espositivo Expo. Compresi i lavori dei padiglioni Italia, della Cina, dell’Ecuador, le rampe di accesso e tutta la rete fognante». Unico insuccesso, quello per le “Vie d’acqua”. «Le opere si faranno tutte, tranne forse quelle per le “Vie d’acqua” - diceva profetico uno degli imprenditori al telefono - perché là c’è stata la tangente più grande in assoluto... il 50% di preventivo di quel lavoro è una tangente».

Ieri le Fiamme Gialle hanno sequestrato loro beni mobili, immobili e societari per un valore di circa 15 milioni collegandoli direttamente alle attività delle due cosche calabresi Aquino-Coluccio di Gojosa Ionica e Piromalli-Bellocco di Rosarno. L’indagine, coordinata dall’Antimafia calabrese, certifica di fatto l’intervento della ’ndrangheta sulla realizzazione del padiglione della Cina e di quello dell’Ecuador ad Expo 2015 così come nei lavori per il trenino che dovrà collegare terminal 1 e 2 dell’areoporto di Malpensa, quelli per il grande centro commerciale di Arese e per il consorzio di Bereguardo. Nei confronti delle persone coinvolte nell’operazione di sequestro di beni vengono ipotizzati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, riciclaggio, estorsione, induzione alla prostituzione, detenzione illecita di armi da fuoco.

L'indagine, che si è mossa in parallelo rispetto a quella del pm milanese Bruna Albertini coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, punta a disarticolare un sodalizio criminale calabrese - ma con propaggini lombarde - dedito per l’appunto al controllo di diverse attività economiche intestate a prestanomi, grazie ai quali potersi aggiudicare appalti e subappalti per la realizzazione anche di opere pubbliche, con il ricorso a metodi mafiosi. I beni sequestrati sono appartamenti e locali, autoveicoli di lusso, motoveicoli e autocarri, società, polizze assicurative e conti correnti bancari e postali.

 

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO - Gli avvocati  Massimo Strumia e Rossana Dezio per incarico della Società Viridia Coop S.C. trasmettono il testo quale precisazione all’articolo pubblicato in data 26 ottobre 2016: "Si precisa che la Società Viridia Coop, menzionata nel contesto della notizia, è totalmente estranea alla vicenda in oggetto e che la stessa non è stata in alcun modo coinvolta nelle indagini dell'Autorità Giudiziaria".