Agguato da Frank, Adnan progettava l’omicidio da novembre

Adnan avrebbe organizzato tutto, procurandosi l’arma, le tute e i caschi, comprando da una concessionaria cremonese il motorino Kymco a 300 euro e poi apponendovi una targa finta. Non aveva previsto però che l’indiano dimenticasse di indossare i guanti, lasciando così l’impronta «fatale» di Beatrice Raspa FOTO - Agguato alla pizzeria 'Frank' - I funerali di Frank e Vanna - Arrestati i due killer - Lo scooter dell'agguato

Agguato in pizzeria Da Frank

Agguato in pizzeria Da Frank

Brescia, 21 agosto 2015 - Giovanna Ferrari, la moglie di Francesco Seramondi uccisa da un colpo di fucile a canne mozze sparato dal pizzaiolo concorrente, Muhammad Adnan, è morta per sbaglio. «Non volevo ucciderla – ha detto il pakistano 32enne in carcere da domenica con il complice indiano, Singh Sarbjit, 33 anni–. Me la sono trovata di fronte, non me l’aspettavo». Ieri il gip Giovanni Pagliuca ha convalidato i fermi e disposto la custodia cautelare in cella. «Personalità prive del minimo senso di civiltà». «Clamorosa pericolosità e disposizione violenta, suscettibile di riproporsi nei confronti di chiunque» scrive il giudice. Il titolare del «Dolce & Salato» alla Mandolossa, Adnan appunto, merita il carcere. Idem per Singh, la cui presa di distanza dai fatti non è ritenuta credibile. Entrambi rispondono di duplice omicidio premeditato e del tentato omicidio di Arben Corri, il dipendente albanese di Frank ferito a colpi di pistola la notte del primo luglio.

In 15 pagine il gip ripercorre la vicenda così come è stata ricostruita dal pm Valeria Bolici e dalla polizia, confrontandola con le dichiarazioni dei rei confessi. Il giudice ha messo sullo stesso piano le posizioni di Adnan e di Singh, sebbene il secondo abbia tentato di smarcarsi raccontando di non essere stato fino in fondo al corrente dei propositi del primo, di avere provato a dissuaderlo e di aver accettato l’ingaggio per disperazione, in cambio della promessa di 5mila euro (500 di acconto) e di un lavoro stabile. Pagliuca non gli ha creduto. Dalle indagini sarebbe emerso che una terza persona, un pakistano, si era offerto in passato di uccidere Frank ma all’ultimo si era tirato indietro, e Singh sapeva tutto. «Adnan progettava l’omicidio dal novembre 2014» scrive il gip. Adnan lo accusa pure di aver premuto il grilletto della pistola che ha ferito Corri (un’arma non ancora rinvenuta) ma lui nega, dice di essere stato tutta notte al «Dolce & salato» al posto del titolare.

Adnan Muhammad e Singh Sardjit, ritenuti autori del duplice omicidio Seramondi-Ferrari

«La chiamata in correità – si legge – è credibile e supportata da conferme». La presenza il primo luglio del complice sull’Alfa di Adnan, utilizzata per speronare in via Roncadelle l’auto dell’albanese, troverebbe un riscontro tecnico, il cellulare che aggancia una cella a Mairano sei ore prima dell’agguato. «Avevo lasciato il telefono ad Adnan perché mi stava cercando lavoro» ha ribadito l’uomo all’avvocato Nicola Mannatrizio. Il pakistano dal carcere ripete senza tentennamenti di avere ucciso solo per rivalità economica: la sua pizzeria, costata 140mila euro e pagata con soldi inviati dai parenti in Pakistan, andava a rotoli per colpa dei buoni affari di Frank e Corri, il quale a suo dire gestiva e dirottava apposta i pusher della zona davanti al «Dolce & Salato».

«Il ferimento dell’albanese era un segnale inviato anche alla polizia perché intervenisse contro il degrado di cui faceva le spese solo lui» chiarisce l’avvocato Claudia Romele, che ora con il collega si appellerà al Riesame per ottenere l’accesso agli atti. Adnan avrebbe organizzato tutto, procurandosi l’arma (da un soggetto su cui si appunta l’attenzione degli inquirenti), le tute e i caschi, comprando da una concessionaria cremonese il motorino Kymco a 300 euro e poi apponendovi una targa finta. A massacro compiuto, si è disfatto del fucile, dei vestiti e dello scooter, smontato a Casazza in un terreno vicino a casa di Singh. Non aveva previsto però che l’indiano dimenticasse di indossare i guanti, lasciando così l’impronta «fatale».