Bergamo, la super dieta è un raggiro: condannata la truffatrice seriale

Due anni e due mesi per circonvenzione di incapace: la sua vittima era un'invalida obesa

Il carcere di via Gleno, dove è detenuta la donna

Il carcere di via Gleno, dove è detenuta la donna

Bergamo, 14 novembre 2017 - L’ultima pena, rimediata ieri dal giudice Maria Luisa Mazzola - 2 anni e 2 mesi per circonvenzione d’incapace - è quasi poca cosa rispetto al suo passato di truffatrice seriale che l’ha portata a rimediare condanne definitive a 7 anni di reclusione che sta scontando nel carcere di Bergamo: dal 2007 Virginia Meroni, 57 anni, di Bergamo, ha messo a segno truffe, furti aggravati e appropriazioni indebite per 700mila euro.

La vicenda che si è conclusa ieri in tribunale riguardava la circonvenzione ai danni di un’invalida psichica al 100%, obesa, alla quale la 57enne, tra l’aprile e il luglio del 2016, aveva promesso di farla dimagrire grazie a un integratore alimentare e poi di trovarle un lavoro da psicologa. Una sfacciata presa in giro nei confronti di una donna che era ricoverata in una comunità di cura. Per quelle promesse, Virginia Meroni era riuscita a farsi consegnare 1.500 euro.Le due si erano conosciute in un parco pubblico di Bergamo. L’invalida aveva confessato i suoi problemi e la 57enne era andata a trovarla in comunità, raggirandola subdolamente. Quindi era sparita con i soldi. Ma il personale della casa di cur si era accorto di quello che era successo e aveva avvertito i familiari dell’invalida. Immediatamente era scattata la denuncia ai carabinieri che avevano ottenuto dalla vittima la descrizione della truffatrice. I militari, che già la conoscevano, non avevano impiegato molto a identificarla. La donna, a causa delle truffe passate, si trovava già in carcere, dove gli era stata notificata la nuova ordinanza cautelare. Era stata rintracciata diversi mesi prima a Torre Boldone, a casa di un sacerdote in pensione, con problemi di salute e ignaro del suo passato.

L’ultima truffa, quella che l’aveva portata in carcere, era stata effettuata ai danni di marito di 85 anni e moglie di 72: aveva raccontato all’anziana che era in attesa di una eredità dalla Spgna, ma che per ottenerla doveva versare degli anticipi. Si era così fatta consegnare, nel giro di 5 mesi, 40mila euro. Era stata scoperta, grazie al direttore della banca dove i due pensionati avevano il conto, che aveva avvertito la figlia della coppia.