Incubo in ospedale a Saronno, una "leggerezza" da quattro morti

La segnalazione di due infermieri circa pratiche inquietanti in ospedale. Una commissione interna che conclude la sua «inchiesta» con un generico «non luogo a procedersi». È sull’operato dei medici coinvolti in questo organismo che stanno lavorando gli inquirenti

Leonardo Cazzaniga e Laura Taroni

Leonardo Cazzaniga e Laura Taroni

Saronno (Varese), 8 dicembre 2016 - La segnalazione di due infermieri circa pratiche inquietanti in ospedale. Una commissione interna che conclude la sua «inchiesta» con un generico «non luogo a procedersi». È sull’operato dei medici coinvolti in questo organismo che stanno lavorando gli inquirenti, a seguito dell’indagine sulle morti sospette in Pronto Soccorso. Quegli stessi medici che - ieri è toccato all’ex direttore sanitario dell’azienda ospedaliera bustocca Roberto Cosentina - saranno ascoltati per fugare i dubbi sul loro operato circa il lavoro del sedicente «angelo della morte», Leonardo Cazzaniga. Nella vicenda c’è stata un’altra commissione: quella formata da consulenti incaricati dalla Procura di valutare il lavoro del primo gruppo, chiudendo la relazione con esiti del tutto divergenti.

La prima commissione fu nominata nell’aprile 2013 proprio da Cosentina «per l’accertamento dei fatti riferiti da dipendenti». Era coordinata dal direttore dell’ospedale Paolo Valentini, al quale facevano capo altri quattro medici. Ha esaminato otto casi, gli stessi presi in esame dai magistrati di Busto Arsizio, quattro dei quali sono contesta a Leonardo Cazzaniga come omicidi. Rilevante, per gli inquirenti, è che «nel corso del lavoro della commissione non sono stati sentiti gli infermieri segnalanti, né altri infermieri che hanno assistito Cazzaniga e non è stata esaminata alcuna documentazione medica ulteriore rispetto ai verbali di Pronto soccorso». Quei documenti erano bastati al primario del reparto Nicola Scoppetta. «È indubbio - aveva scritto - che le scelte terapeutiche di questo professionista siano mosse dal controllo dei sintomi refrattari e non dalla induzione della morte del malato».

I consulenti della Procura individuano una serie di «carenze» come la mancanza di approfondimenti «per acquisire dati relativi alla farmacoterapia» che permettano di giudicare l’appropriatezza della terapia e il silenzio sulla «mancanza di una procedura di consenso alle cure palliative». Sempre secondo i consulenti «di fronte a pareri non unanimi e ad almeno una residua personale perplessità, non si richiede l’ampliamento del collegio per ottenere ulteriori valutazioni specialistiche». Agli atti vi è anche la risposta scritta inviata da Cosentina agli infermieri che hanno avviato la segnalazione. «Nel caso di conflitti generati da diverse visioni etiche - si legge - è richiesto all’infermiere un impegno per trovare una soluzione attraverso il dialogo». A quegli stessi infermieri i dirigenti avevano fatto cenno a una «leggerezza nella somministrazione dei farmaci da parte di Cazzaniga», ma che comunque quelle morti non erano da ricondurre alle medicine prese in Pronto soccorso.